Se ci trovassimo ad affrontare una interrogazione sul mondo della montagna, con alta probabilità ognuno di noi sarebbe in grado di rispondere senza esitazione a una domanda: qual è la montagna più alta della Terra? Con i suoi 8.849 metri sul livello del mare, l’Everest ben merita il soprannome di “Tetto del Mondo”. Più difficile è rispondere al medesimo quesito, se posto al plurale: quali sono le montagne più alte della Terra? Oggi vi accompagniamo alla scoperta delle 14 vette che si innalzano oltre gli 8.000 metri e dei loro primi salitori.
Sulla superficie del Pianeta Marte si innalza una montagna colossale, il Mons Olympus, che raggiunge una altezza stimata di 25 km. Sulla Terra, per effetto della forza di gravità e dell’erosione, ci dobbiamo “accontentare” di vette inferiori ai 9.000 metri. I cosiddetti Ottomila, categoria entro la quale ricadono le montagne che superano quota 8.000 metri, sono 14. La più alta di tutte è l’Everest, che secondo le più recenti misurazioni, raggiunge una altezza massima di 8.849 metri.
A seguire, in ordine decrescente di quota, troviamo:
L’Everest si innalza nella catena montuosa dell’Himalaya, al confine tra Cina e Nepal. Oltre a essere il Tetto del Mondo è anche la montagna più alta dell’Asia e come tale rientra nelle Seven Summits, le vette più alte di ogni continente. La cima viene raggiunta attraverso due principali vie di salita, dal versante nepalese (la via “normale”) e da quello tibetano. La prima ascesa fu realizzata il 29 maggio 1953 dal neozelandese Sir Edmund Hillary insieme a Tenzing Norgay Sherpa, passando dal versante nepalese.
Il K2 si trova nella subcatena montuosa del Karakorum, al confine tra Pakistan e Cina. La prima salita di questo secondo Gigante è stata realizzata il 31 luglio 1954 da Achille Compagnoni e Lino Lacedelli, membri di una spedizione tutta italiana guidata dal geologo Ardito Desio. A tale spedizione partecipò anche Walter Bonatti, che fornì un contributo essenziale alla buona riuscita della salita, trasportando insieme a Amir Mahdi le bombole di ossigeno poi usate dai due primi salitori fino a quota 8.100 m e affrontando a tale quota un bivacco notturno a rischio della vita.
Il Kangchenjunga è una vetta himalayana che svetta al confine tra il Nepal e lo Stato indiano del Sikkim e dell’India rappresenta la montagna più alta. Si caratterizza per la presenza di 5 cime, di cui la principale fu raggiunta per la prima volta il 25 maggio 1955 da George Band e Joe Brown, membri di una spedizione inglese guidata da Charles Evans.
Il Lhotse è il “vicino di casa” dell’Everest, cui è collegato in maniera diretta tramite il Colle Sud (7.906 m). Presenta 3 cime, di cui la principale raggiunta per la prima volta il 18 maggio 1956 dagli svizzeri Fritz Luchsinger e Ernst Reiss, membri di una spedizione svizzera guidata da Albert Eggler.
Il Makalu si innalza nella catena dell’Himalaya, al confine tra Nepal e Tibet, non lontano dall’Everest. A realizzarne la prima ascesa il 15 maggio 1955 furono Lionel Terray e Jean Couzy, appartenenti a una spedizione francese guidata da Jean Franco.
Il Cho Oyu è una cima himalayana situata al confine tra Nepal e Cina, poche decine di km a ovest rispetto all’Everest. La prima salita porta i nomi degli austriaci Herbert Tichy e Joseph Jöchler e dello Sherpa Pasang Dawa Lama, che salirono in vetta il 19 ottobre 1954 dal versante tibetano adottando uno stile alpino, senza utilizzare ossigeno supplementare. Un caso raro in un’epoca all’insegna delle bombole.
Il Dhaulagiri I è una vetta dell’Himalaya che si innalza nel Nepal centro-settentrionale, ritenuta per circa 30 anni dalla sua “scoperta”, avvenuta a inizio Ottocento, la vetta più alta della Terra. A salirla per la prima volta nel 1960 furono l’austriaco Kurt Diemberger, il tedesco Peter Diener, gli svizzeri Ernst Forrer e Albin Schelbert e gli Sherpa Nima Dorjee e Nawang Dorjee.
Il Manaslu è una cima himalayana che si innalza nel Nepal centrale. Presenta una cima principale e due secondarie. A raggiungere la più elevata furono il 9 maggio 1956 il giapponese Toshio Imanishi e il nepalese Gyalzen Norbu, membri di una spedizione giapponese guidata da Yuko Maki.
Il Nanga Parbat, la nona montagna del Pianeta, si trova in Pakistan, nel Kashmir. A raggiungere per primi la cima principale del massiccio fu il 3 luglio 1953 l’alpinista austriaco Hermann Buhl, membro di una spedizione austro-tedesca guidata da Karl Maria Herrligkoffer, passando per il versante Rakhiot (nord-est). Buhl salì da solo e senza ossigeno.
L’Annapurna I, che si trova in Nepal, è tra i Giganti della Terra quello più letale. Nel 1950 ha rappresentato il primo Ottomila conquistato. A realizzare l’impresa Maurice Herzog e Louis Lachenal, che raggiunsero senza ossigeno la cima il 3 giugno.
Il Gasherbrum I è una vetta del massiccio del Gasherbrum, in Karakorum. La prima salita risale al 5 luglio 1958 ad opera di Pete Schoening e Andy Kauffman, membri di una spedizione statunitense guidata da Nicholas B. Clinch.
Il Broad Peak si innalza nel medesimo massiccio del Gasherbrum, al confine tra Cina e Pakistan, e presenta 4 cime principali. La più alta fu raggiunta per la prima volta il 9 giugno 1957 dagli austriaci Marcus Schmuck, Fritz Wintersteller, Kurt Diemberger e Hermann Buhl, che salirono senza ossigeno né portatori.
Il Gasherbrum II, altra vetta del massiccio omonimo, fu salita per la prima volta l’8 luglio 1956 da Fritz Moravec, Josef Larch e Hans Willenpart, componenti di una spedizione austriaca.
Lo Shishapangma è l’unico Ottomila che ricade totalmente in territorio tibetano. È stato l’ultimo Gigante salito, a causa della posizione e delle restrizioni imposte dal governo cinese. La prima ascensione risale al 2 maggio 1964 ad opera di una spedizione cinese guidata da Xǔ Jìng.
Oggigiorno la corsa agli Ottomila attira molti alpinisti. C’è chi anela a collezionarli tutti e 14 by fear means (in maniera leale), optando per uno stile alpino, senza ossigeno e senza porsi limiti temporali. E chi la vive come una caccia al record, usufruendo di ossigeno e anche elicotteri per ridurre i tempi della conquista.
Il primo alpinista a toccare tutte e 14 le cime (senza ossigeno) è stato Reinhold Messner, tra il 27 giugno 1970 (salita del Nanga Parbat) e il 16 ottobre 1986 (salita del Lhotse). O almeno, così era fino a qualche giorno fa. Il nome di Messner come primo salitore degli Ottomila è infatti stato cancellato dal libro del Guinness dei Primati per una incertezza relativa a una delle 14 salite, quella dell’Annapurna I.
Il 24 aprile 1985 Messner raggiunse la vetta dell’Annapurna I insieme a Hans Kammerlander, aprendo una
nuova via sulla inviolata parete nord-ovest. A distanza di oltre 30 anni, un cronista dell’alpinismo tedesco, Eberhard Jurgalski, ha messo in dubbio (con il supporto di confronti fotografici) che i due siano arrivati precisamente in cima. Affermando che potrebbero essersi fermati prima (qui i dettagli). Lo scettro di primo collezionista dei 14 Ottomila è così passato in mano allo statunitense Ed Viesturs, che ha toccato (in maniera verificabile) le 14 vette tra il 18 maggio 1989 e il 12 maggio 2005, anche lui senza ossigeno supplementare.
Il commento di Messner a tal proposito? “La meta non è la vetta ma il sentiero. Il mio alpinismo non conosce record”.
Il commento di Ed Viesturs? “Credo davvero che Reinhold Messner sia stata la prima persona a scalare tutti i 14 8000 e dovrebbe comunque essere riconosciuto come tale”. Chapeau.
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