Brutto incidente per il mito dell’himalayismo, il quindicesimo uomo a dominare le 14 Ottomila
Denis Urubko, alpinista eccezionale e figura iconica nel mondo dell’himalayismo, ha conquistato un traguardo straordinario, diventando il quindicesimo uomo al mondo a completare la salita dei 14 Ottomila. Ancora più notevole, è il nono a raggiungere questo obiettivo senza l’ausilio di bombole d’ossigeno, consolidando così la sua fama di autentica “macchina da guerra” delle montagne.
Per Urubko, l’alta quota rappresenta non solo una sfida, ma anche un terreno di gioco dove può esprimere appieno il suo talento e la sua determinazione straordinaria. Con due prime invernali, realizzate in collaborazione con l’alpinista italiano Simone Moro, e la conquista di cinque nuove vie, il nome di Urubko è ormai inciso a caratteri indelebili nella storia dell’alpinismo moderno.
Ciò che distingue Urubko non sono solo le sue doti tecniche eccezionali, ma anche la sua generosità e il suo cuore altruista. In numerose occasioni, si è impegnato coraggiosamente per soccorrere altri alpinisti in difficoltà. Memorabili sono il salvataggio di Elisabeth Revol sul Nanga Parbat invernale, compiuto insieme al polacco Adam Bielecki, e i due salvataggi nella zona dei Gasherbrum, tra cui quello dell’alpinista italiano Francesco Cassardo nella scorsa stagione himalayana. Ma cosa è successo?
La maestria e la determinazione di Denis Urubko nell’affrontare le vette più alte del mondo si sono scontrate con un imprevisto fatale durante la salita al Gasherbrum 1. L’alpinista russo è caduto in un crepaccio quando si trovava a circa 5.500 metri, mentre stava dirigendosi verso il Campo 2. La notizia è stata resa nota stamani attraverso un messaggio inviato alla compagna Pipi Cardell, che ha poi condiviso con Desnivel.
Urubko ha descritto la caduta, riferendo di essere precipitato per circa sei/sette metri nel crepaccio. Grazie all’aiuto tempestivo del suo compagno di scalata, Hassam Shigri, è riuscito a risalire in superficie dopo circa un’ora. La situazione è stata complicata, e la notte trascorsa successivamente è stata dura. Nonostante ciò, i due alpinisti sono riusciti a fare ritorno al campo base.
“Abbiamo trascorso una brutta notte, poi siamo tornati al campo base”, ha scritto Denis, ma “ho un congelamento alle dita delle mani e non posso continuare la spedizione. È una sfortuna perdere questa opportunità perché le condizioni erano buone. Ma io sono sopravvissuto”.
Al momento, Urubko sta dirigendosi a piedi verso Skardu, un percorso che si prevede durerà un paio di giorni, forse tre. Tuttavia, ha sottolineato un intoppo imprevisto: la sua assicurazione non è stata attivata. Nonostante questo, l’alpinista ha già iniziato a prendersi cura delle sue mani utilizzando le sue medicine personali.
Il messaggio si chiude con una nota positiva ma enigmatica da parte di Urubko: “Ho tanti progetti interessanti per il futuro, anche senza montagne”. Parole che lasciano intravedere un futuro incerto, ma ricco di possibilità e sfide per l’alpinista russo. Il suo ritorno svelerà ulteriori dettagli e il significato di queste dichiarazioni intriganti.
La vita di Denis Urubko è una storia di resilienza e determinazione. Nato il 29 luglio 1973 a Nevinnomyssk, nel sud-ovest della Russia, Urubko coltivò la passione per il teatro e la recitazione durante l’adolescenza. Tuttavia, il suo vero talento emerse quando, a vent’anni, si trasferì in Kazakistan nel 1993 con l’obiettivo di unirsi al gruppo sportivo dell’esercito kazako, l’unico nella ex Unione Sovietica con una sezione dedicata all’alpinismo. Questo periodo fu caratterizzato da dure sfide economiche prima che Urubko fosse finalmente arruolato e potesse dedicarsi a tempo pieno alla sua passione.
Le sue prime esperienze di arrampicata avvennero sulle aspre e selvagge montagne del Caucaso, un terreno che forgiò il suo fisico e temprò la sua mente. Nel corso degli anni, Urubko ha cambiato più volte cittadinanza: da cittadino kazako a cittadino russo nel 2013 e successivamente, nel 2015, a cittadino polacco. Tuttavia, quando non è impegnato in spedizioni epiche, Urubko chiama Nembro, nella provincia di Bergamo, la sua casa.
Con oltre 1500 ascensioni, di cui più di 40 in solitaria, Denis Urubko emerge come uno degli alpinisti più prolifici e audaci del nostro tempo. Nato il 29 luglio 1973 a Nevinnomyssk, nel sud-ovest della Russia, Urubko ha conquistato una posizione di rilievo nella storia dell’alpinismo mondiale, distinguendosi per il suo talento naturale e il suo spirito indomito.
Il suo primo grande riconoscimento giunge nel 1999, quando l’alpinista italiano Simone Moro gli propone di scalare i cinque Settemila presenti nel territorio dell’ex Unione Sovietica. Un obiettivo ambizioso, nato dall’idea di Moro e del compianto Anatolij Bukreev, scomparso due anni prima sull’Annapurna. Questa sfida, conosciuta come “Snow Leopard”, prevedeva la scalata di tutte e cinque le vette in poche settimane. Urubko accetta la proposta e, insieme ad Andrej Molotov, completa l’impresa straordinaria in soli 42 giorni, aprendo la strada a una lunga serie di imprese epiche.
Il 2000 segna la prima uscita internazionale di Urubko, quando raggiunge la vetta dell’Everest con Moro. L’anno successivo, in Kazakistan, realizzano la prima invernale del Marble Wall (6400 m). Il loro tentativo di traversata Everest-Lhotse, tuttavia, si conclude con Moro che, soccorrendo un alpinista in difficoltà, rinuncia alla cima. Urubko, invece, decide di non continuare la traversata in segno di solidarietà. Questo episodio segna l’inizio di una solida amicizia tra i due.
Negli anni successivi, Urubko continua a collezionare vette, aprendo nuove vie e dimostrando una tenacia straordinaria. Nel 2004, insieme a Moro e Bruno Tassi, apre “Ciao Patrick” sulla parete nord del Baruntse, dedicandola alla memoria di Patrick Berhault. Nel 2007, Urubko aggiunge il Dhaulagiri e il K2 alla sua lista di Ottomila, e nel 2009 completa la prima invernale al Makalu insieme a Moro, guadagnandosi il prestigioso premio Piolet d’Or.
Ma Urubko non si ferma qui. Senza prendersi nemmeno un anno di pausa, torna in Himalaya, scalando in solitaria il Lhotse nel 2010. Nel 2011, conquista la vetta invernale del Gasherbrum II insieme a Moro e Cory Richards, ottenendo la sua seconda prima stagionale fredda. Nel 2014 ritorna sul Kangchenjunga e, nel 2018, tenta la prima invernale al K2 con i polacchi, partecipando attivamente al soccorso di Elisabeth Revol sul Nanga Parbat.
Il 2019 lo vede impegnato su diverse cime, tra cui il Gasherbrum II, dove apre una nuova via chiamata “honeymoon”. Nel 2022, compie un’impresa straordinaria, scalando il Broad Peak, il Gasherbrum II e il K2 in successione, dimostrando una resistenza e una determinazione senza pari. Nel luglio 2023, Urubko scala nuovamente il Gasherbrum II con la sua compagna Maria Pipi Cardell, portando a 27 il numero totale di Ottomila conquistati.
Oltre alla sua straordinaria carriera alpinistica, Denis Urubko si distingue per la sua passione per la musica, suonando la chitarra con maestria. Durante le sue conferenze, il poliedrico alpinista offre una prova del suo talento musicale, esibendosi in canzoni della tradizione sovietica e, durante le serate in Italia, regalando al pubblico le melodie dei grandi classici della musica italiana, come “Nel blu dipinto di blu” e “L’Italiano”.
Questo aspetto unico della sua personalità aggiunge un tocco artistico alla sua figura già leggendaria, dimostrando che la sua versatilità si estende ben oltre le imprese in alta montagna. La sua capacità di condividere la passione per la musica con il pubblico mostra un lato più intimo e umano di Urubko, che contribuisce a rendere la sua figura ancora più affascinante.
Oltre alle melodie delle corde, Denis Urubko ha ricevuto numerosi riconoscimenti e onorificenze per le sue imprese alpinistiche straordinarie. Nel 1999 ha ottenuto il prestigioso titolo di “Snow Leopard”, mentre nel corso degli anni ha ricevuto diversi Piolet d’Or e altri premi di rilievo, tra cui l’Asian Piolet d’Or nel 2006 con Serguey Samoilov per la nuova via sulla parete nord-est del Manaslu, nel 2009 e 2010 con Boris Dedeshko per le nuove vie sulla parete sud-est del Cho Oyu, e nel 2011 con Gennady Durov per la nuova via sulla parete ovest del Pik Pobeda.
Il suo coraggio e il suo spirito di soccorso sono stati riconosciuti nel 2018 con il David A. Sowles Award per il salvataggio di Elisabeth Revol sul Nanga Parbat. Nel 2019, Urubko è stato insignito della Legione d’Onore e dell’Ordine della Polonia Restituta per lo stesso eroico atto di soccorso.
La sua versatilità emerge anche nella scrittura, con diversi libri che documentano la sua vita e le sue imprese. Tra questi, “Colpevole di Alpinismo” nel 2010, “Eccesso di Montagna” nel 2012 (con una nuova edizione nel 2022), “Leopardo delle Nevi” nel 2019 e “SOS Himalaya” nel 2021.
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