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Artva, pala e sonda: quanto costa e come si usa il kit di soccorso in valanga

Published by
Gabriella Feronia

Le prime spolverate di neve giunte su Alpi e Appennini nei giorni scorsi ci segnalano che sia proprio arrivato il momento di fare un check dell’equipaggiamento invernale. Accanto all’abbigliamento idoneo ad affrontare la stagione più fredda dell’anno in quota, essenziale è dotarsi dell’attrezzatura necessaria per divertirsi sulla neve, diversificata a seconda delle attività che si desideri affrontare, quali alpinismo, ciaspolate o skialp. C’è però un elemento comune, che chiunque abbia intenzione di svolgere attività in ambiente innevato dovrà avere con sé nei prossimi mesi: il kit di soccorso in valanga. Per chi ancora ne fosse sprovvisto, andiamo a vedere di cosa si tratti, come vada utilizzato e quali siano i costi da sostenere.

Kit APS, quanto ci costi?

Artva, pala e sonda rappresentano i 3 componenti del cosiddetto kit di soccorso in valanga (o kit di autosoccorso o kit APS). Come si evince dal nome stesso, si tratta di 3 strumenti che servono a soccorrere individui travolti e sepolti da un distacco nevoso, che entrano comodamente in uno zaino da trekking. Come stabilito dal D.lgs. 28/2/2021 n. 40 in vigore dal 1 gennaio 2022, in Italia è obbligatorio portare con sé qualora si pratichi scialpinismo o sci fuoripista o “attività escursionistiche in particolari ambienti innevati, anche mediante le racchette da neve, laddove, per le condizioni nivometeorologiche, sussistano rischi di valanghe”.

Photo by Nolispanmo licensed under CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/deed.en) – Gentechevainmontagna.it

In sintesi, una dotazione obbligatoria non solo per gli appassionati di sci ma anche per chi voglia dilettarsi con le ciaspole. Cosa si rischia qualora, durante un controllo da parte delle autorità, l’escursionista o lo sciatore non risulti in possesso del kit? Multe fino a 150 euro. Tale decreto è stato introdotto a seguito del grande boom che ciaspole e skialp hanno vissuto a seguito della pandemia del Covid-19. Complice la chiusura protratta delle piste da sci nell’inverno 2020/2021, in tanti hanno scoperto queste alternative più wild. L’aumento di presenze in ambiente montano innevato si lega inevitabilmente a un aumento del rischio di incidenti.

A seconda delle caratteristiche, i prezzi dei singoli componenti possono oscillare entro range anche ampi. Per un Artva da 200 a 400 euro, per una sonda da 50 a 200 euro, per una pala da 50 a 120 euro. In commercio si trovano anche i kit APS già assemblati, il cui costo varia tra i 400 e i 500 euro. Pensiero che potrebbe sorgere spontaneo è che sia quasi conveniente farsi sanzionare! Importante è evitare di porsi in tale ottica.

Come vedremo nelle prossime righe, nel procedere all’acquisto di Artva, pala e sonda, è essenziale pensare che non lo si stia facendo semplicemente per evitare una multa ma per salvaguardare se stessi e gli altri. Ulteriore nota doverosa, prima di procedere all’analisi di cosa sia e come si utilizzi il kit APS, è che non vi sia alcuna legge che obblighi all’acquisto. Nulla vieta di dotarsi di kit a noleggio, una soluzione ottimale soprattutto nei casi in cui si preveda di svolgere attività in ambiente innevato saltuarie. Il costo del noleggio è in media pari a 15 euro al giorno.

Artva, pala e sonda: cosa sono e come si usano

L’Artva, acronimo di “Apparecchio di Ricerca dei Travolti in Valanga”, è una sorta di radiolina ricetrasmittente che riceve e trasmette segnali. Prima di incamminarsi nella nostra ciaspolata o uscita sugli sci, l’Artva va impostato in modalità “trasmissione”. In caso di valanga, le persone impegnate nella ricerca di un travolto, dovranno attivarlo in modalità “ricezione”.

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Il sistema funziona infatti nel seguente modo, intuitivamente molto semplice: se una persona travolta indossa un Artva attivato in modalità trasmissione, una seconda persona che si trovi in superficie, dotata di un Artva in modalità ricezione, potrà captare il segnale del sepolto. La radiolina ricevente emette in sintesi un segnale sonoro che diventa sempre più forte e frequente man mano che ci si avvicina all’Artva che sta trasmettendo e, nei modelli cosiddetti a 3 antenne, si ha anche la possibilità di vedere indicato sullo schermo della radio direzione e distanza del punto da cui arriva il segnale. In tal modo si ha la possibilità di individuare con maggiore velocità la posizione del malcapitato.

A questo punto però non è dato sapere a che profondità si trovi. Entrano dunque in scena sonda e pala. La sonda è un’asta rigida di materiale metallico (alluminio) solitamente lunga 240 centimetri, che si compone di più elementi a incastro, così da poter essere ripiegata e riposta nello zaino. La sua funzione è consentire di individuare precisamente dove sia il sepolto, andando a sondare per l’appunto lo strato di neve, alla ricerca del corpo. Qualora il disperso sotto la neve non fosse equipaggiato di Artva, va da sé che la sonda rappresenterebbe lo strumento primario per effettuarne la ricerca. Una ricerca in questo caso ancora più complessa dalla mancanza di indicazioni relative alla sua posizione.

L’utilizzo della sonda in sede di valanga non è una procedura improvvisabile. Si dovrebbe infatti procedere seguendo un protocollo che prevede di effettuare sondaggi, ovvero di infilare la sonda nella neve perpendicolarmente al terreno, a una distanza di 25 cm l’uno dall’altro. La sonda va infissa nella neve fino a raggiungere il terreno, valutando in tale movimento cosa sentano i polpastrelli, in funzione di cosa stia toccando la punta della sonda. Terra? Roccia? Un corpo?

Una volta percepita la presenza sotto la sonda di un corpo, è il momento di liberarlo dalla coltre nevosa con l’aiuto della pala. L’asta va lasciata infissa nel terreno per indicare la posizione attorno a cui lavorare nell’allontanamento della neve. Una fase che deve essere svolta in maniera rapida, cercando di liberare quanto prima il volto della vittima per consentire la ripresa della respirazione.

Apriamo una parentesi per comprendere quanto tempo, in linea teorica, si abbia a disposizione per completare tutta questa operazione di ricerca e salvataggio. Secondo le statistiche, bisognerebbe assicurarsi di raggiungere e liberare le vie respiratorie della vittima entro 15-18 minuti. Questo è il lasso di tempo in cui, secondo le statistiche, vi è un 90% di probabilità di sopravvivenza. Man mano che il tempo passa, l’ossigeno contenuto nella sacca d’aria a disposizione del sepolto viene consumato e il rischio di ipossia aumenta. Dopo mezzora trascorsa sotto la neve, in media la sopravvivenza scende al 50%. Una percentuale che scende drasticamente, avvicinandosi allo zero, nell’arco di una ulteriore ora. Oltre i 90 minuti trascorsi sotto la neve è altamente improbabile ritrovare viva una persona.

Di fronte a tali dati è facile comprendere quanto, in caso di valanga con travolgimento, sia essenziale disporre di un kit di soccorso in valanga. A meno di una casuale presenza in zona di soccorritori, non sarebbe infatti possibile da parte del Soccorso Alpino intervenire entro i tempi necessari a recuperare ancora in vita il travolto.

Se di fronte alla descrizione di cosa sia e come vada utilizzato il kit di soccorso in valanga, il pensiero che vi è balzato in mente è “non credo che ne sarei capace”, sappiate che è assolutamente normale. Come evidenziato a più riprese, l’utilizzo dei 3 componenti del kit non può essere improvvisato. Portarli con sé e non saperli usare risulta decisamente poco utile, se non per evitare la famosa sanzione. Il consiglio è di seguire uno dei numerosi corsi di formazione organizzati annualmente su tutto il territorio nazionale da Guide Alpine o dal Club Alpino italiano, in cui vengono insegnate le tecniche di intervento in sede di valanga. I protocolli da seguire sia nei sondaggi che nello scavo, così come gli errori da evitare.

Gabriella Feronia

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