Sui sentieri ora si pratica il foraging, un’attività che le nostre nonne conoscono benissimo ma non a tutti piace
State andando anche voi alla ricerca di erbe spontanee? Ditelo alle vostre nonne e sicuramente vi risponderanno che siete arrivati tardi, ché loro l’hanno sempre fatto. Cicoria, tarassaco, finocchio selvatico, ramoracce. Una conoscenza che è svanita pian piano col passare delle generazioni e l’aumentare delle comodità.
Riflettendo un po’ suoi motivi che stanno riportando in auge queste pratiche si evince che è la riscoperta del selvatico a farla da padrone. Soprattutto da parte degli chef che ne hanno fatto un punto di forza dei propri menu, come ad esempio il Noma di Copenaghen che alla base dei piatti ha inserito bacche, corteccia e licheni. Poi il costo sproporzionato delle verdure al supermercato e una ricerca di gusti nuovi, una combinazione di fattori e cause che hanno prodotto questo risultato.
“Sono nuovi ingredienti da scoprire, torna il gioco nelle cucine di chef professionisti e non”, ha spiegato Valeria Mosca, che ha fondato Wood*ing, un laboratorio specializzato nella raccolta, conservazione e utilizzo del cibo selvatico. “In questo periodo sono forse più le persone comuni a interessarsi”, ammette.
Raccogliere e mangiare erbe spontanee? Non a tutti piace
Il fai da te, il DIY (o do it yourself), non smette mai di ispirare migliaia di persone. Si seguono corsi, si guardano video, si leggono libri. Il foraging è l’ennesima ramificazione di quel vasto campo ma come spesso capita si è trascinata appresso alcune convinzioni non troppo esatte. Per esempio quella che i frutti della terra siano necessariamente legati al benessere e alla salute, per il resto si entra un po’ nel mito. Non tutte le essenze che raccogliamo hanno proprietà nutritive interessanti.
In italiano abbiamo la parola giusta: alimurgia, che è la scienza che si occupa proprio di piante spontanee edibili. Una pratica che è andata sempre di pari passo con periodi di incertezza economica, raccogliere cibo senza troppi sforzi è stata una manna in momenti delicati della storia. Oggi i motivi sono simili, in più c’è una percentuale di curiosità e una sicuramente di moda. Non è raro trovare fiori da mangiare al supermercato ormai mentre al ristorante è un tabù che sdoganato da tempo.
Eppure la tradizione parla chiaro: fiori d’acacia, di sambuco e margheritine vengono utilizzate da secoli. Non a tutti comunque piace l’esperienza: “C’è chi non apprezza il gusto dei fiori perché è un po’ inconsistente, delicatissimo. Contengono infatti degli oli volatili, quasi effimeri. Nella maggior parte dei casi vengono usati per bellezza, tranne qualche eccezione”, ha concluso Valeria Mosca.