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Consigli per un trekking a prova di orso

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Gabriella Feronia

La morte di Andrea Papi, il runner 26enne vittima di un attacco da parte di un orso nei boschi del Monte Peller, nelle Dolomiti di Brenta, agli inizi del mese di aprile, ha incrementato l’attenzione nazionale sulla crescente presenza degli orsi bruni nelle Alpi centro-orientali. Numero accresciutosi a seguito dell’avvio nel 1996 di un programma di reintroduzione della specie chiamato Life Ursus. Conseguenza fisiologica di tale aumento è un incremento della probabilità di incontro tra uomo e plantigradi. E mentre l’estate entra nel vivo e in tanti si preparano a intraprendere escursioni sull’arco alpino, le cronache di avvistamenti si moltiplicano, determinando un acuirsi del timore da parte degli escursionisti. Ma gli orsi sono davvero da considerarsi un problema per chi va in montagna?

Trekking in zone abitate dagli orsi, quanto è pericoloso?

Gli avvistamenti di orsi stanno aumentando soprattutto in Trentino, ma non solo. La più recente delle segnalazioni di incontro ravvicinato con un orso bruno arriva ad esempio dalla Valtellina, in Lombardia, dove il 17 giugno scorso una famiglia si è ritrovata “faccia a faccia” con un orso, a una quota di 1700 metri. Un incontro senza conseguenze, risoltosi con l’allontanamento spontaneo dell’esemplare. “Ma poteva andare peggio”, potrebbe pensare qualcuno. Ne siamo proprio sicuri? È  così facile e frequente che un orso attacchi un essere umano? Dobbiamo forse iniziare a pensare di escludere dalle nostre mete escursionistiche estive le località “pericolose” in cui sia attestata la presenza dei plantigradi?

Immagine | Unsplash @Vincent Maret – Gentechevainmontagna.it

Partiamo dall’analizzare dove siano presenti gli orsi in Italia. Come riportato sul sito del WWF, in Italia vivono tre distinti nuclei della specie Ursus arctos (orso bruno). Due sulle Alpi: il primo nel Trentino occidentale e l’altro nel Tarvisiano e zone di confine tra Friuli Venezia Giulia, Austria e Slovenia. Un terzo nucleo è rappresentato dalla sottospecie endemica Ursus arctos marsicanus, noto come orso marsicano, distribuito in un territorio compreso tra i Monti Sibillini e l’Alto Molise, i Simbruini laziali e la Maiella, in particolare la densità maggiore si registra nell’area del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise e territori limitrofi. L’area che dovremmo considerare off limits, in quanto esposta al rischio di incontro con l’orso bruno, è dunque molto ampia. Una scelta così necessaria?

Guardando al di fuori dei nostri confini nazionali, vi sono località in cui la presenza dell’orso è nota e stabile da decenni, eppure continuano ad attrarre appassionati di trekking. Un esempio tra tutti è quello dei Parchi Nazionali degli Stati Uniti. Pensate che soltanto nel celebre Yosemite National Park si stimi la presenza di 300-500 esemplari e come si può leggere sul sito del National Park Service (NPS), l’ufficio federale che coordina i 424 Parchi Nazionali, “gli attacchi sono rari e nessuno è mai stato ucciso o seriamente ferito”. Esempi che dimostrano come la convivenza tra orso e uomo sia possibile. Come? Seguendo alcune semplici regole.

Guida al trekking a prova d’orso

Alle porte dell’estate, il National Park Service ha deciso di puntare sull’ironia per invitare gli escursionisti a ripassare le regole fondamentali per affrontare trekking in sicurezza nei Parchi statunitensi. Regole da cui possiamo trarre insegnamento. “Hike in groups. Bears like to have options” (Fate escursioni in gruppo. Agli orsi piace avere opzioni”, si legge nel divertente Tweet pubblicato lo scorso 10 giugno. Una frase che ruba un sorriso e stimola la curiosità di andare a scoprire seriamente come prepararsi per un trekking a prova d’orso.

Le specie di orso in cui è possibile imbattersi nei Parchi degli USA differiscono da quelle presenti sul nostro territorio. Sono infatti presenti i black bear (Ursus americanus) e i grizzly (Ursus arctos horribilis). Ma è sufficiente un confronto crociato tra i suggerimenti forniti agli escursionisti dal NPS e quelli diffusi sul nostro territorio da enti quali il WWF o la Provincia Autonoma di Trento, per rendersi conto che le regole fondamentali da seguire siano sovrapponibili. Suddivisibili in due categorie: indicazioni su come evitare l’incontro ravvicinato con l’orso e istruzioni su come comportarsi in caso di incontro.

Come evitare un incontro

Gli orsi bruni temono gli uomini e tendono a evitarli. Al contempo bisogna tenere a mente che siano animali selvatici, che possono manifestare comportamenti aggressivi in casi particolari che vedremo a breve. Il suggerimento primario è di segnalare sempre la propria presenza sul territorio. Bisogna fare in modo che l’animale possa sentirvi arrivare, parlando o in generale facendo rumore (canticchiare, fischiettare, battere le mani…). In gruppo è più facile risultare rumorosi (e come sottolinea il NPS, “più puzzolenti”), da cui il simpatico consiglio pubblicato su Twitter. Altro suggerimento è di restare per quanto possibile sui sentieri tracciati.

Immagine | Unsplash @NOAA – Gentechevainmontagna.it

Cosa fare in caso di incontro

Immaginiamo che un esemplare, nonostante ogni accortezza, vi abbia notati. Quali comportamenti è bene rispettare per favorirne l’allontanamento spontaneo? Regola fondamentale è mantenere la calma e valutare le differenti condizioni cui ci si trova di fronte.

  • Caso 1. L’orso non si è accorto di noi. Torniamo indietro senza perderlo di vista, senza movimenti bruschi, senza scappare.
  • Caso 2. L’orso ci ha notati e si allontana. Questa è la situazione più comune in cui ci si possa trovare. Consiglio è di attendere che si sia allontanato prima di muoverci a nostra volta, non nella sua stessa direzione.
  • Caso 3. L’orso ci ha notati e si è alzato sulle zampe posteriori. Non si tratta di un gesto che preannuncia un attacco. Semplicemente dimostra curiosità, l’orso sta cercando di identificarci. In questa circostanza è bene restare fermi e parlare, con tono calmo. Un urlo o un movimento improvviso possono scatenare un attacco. Non imitare mai i suoni dell’orso o emettere stridii acuti.
  • Caso 4. L’orso ci ha notati e resta fermo a guardarci. Meglio allontanarsi, senza correre, sempre continuando a parlare con tono calmo.
  • Caso 5. L’orso ci ha notati e si sta avvicinando (camminando o correndo). Restiamo fermi, parliamo con tono calmo, diamogli tempo di comprendere che non siamo una minaccia.

E cosa fare se scatta un attacco? Prima di tutto vediamo in quali casi l’orso è portato ad attaccare l’uomo: per difendere i suoi piccoli o il suo cibo, se è ferito, se si sente minacciato da un cane (in aree popolate dagli orsi è bene tenere sempre i cani al guinzaglio, per evitare che si avvicinino ai plantigradi). In caso di attacco il consiglio è di stendersi al suolo, faccia a terra, con le dita delle mani intrecciate dietro il collo e le braccia a proteggere la testa, cercando di rimanere immobili fintanto che l’orso non decida di fermarsi e allontanarsi. Assolutamente da non fare; fuggire (l’orso può sembrarci tozzo ma è molto bravo a correre!), gridare e tentare di colpirlo. Se indossiamo uno zaino, teniamolo sulle spalle, può essere un utile sistema di difesa.

In ultimo, un aiuto in caso di attacco può essere rappresentato dallo spray al peperoncino, il bear spray, un deterrente a base di capsicina. Usarlo è molto semplice, va spruzzato sul muso dell’animale, fino a 8-9 metri di distanza. L’effetto è quello di arrestarlo o comunque di diminuire la portata dell’attacco. Ma in Italia l’utilizzo è consentito solo ai forestali. In commercio si trovano degli spray al peperoncino per difesa personale, non idonei allo scopo. Su sollecitazione in particolare della Provincia autonoma di Trento la legislazione vigente potrebbe cambiare, ma al momento resta essenziale rispettare il vademecum dei comportamenti da seguire o evitare.

Gabriella Feronia

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