La natura ci offre meravigliosi spazi verdi dove camminare, meditare o fare sport, ma possiamo trarre vantaggi anche in cucina: esistono alcune erbe di montagna commestibili e soprattutto buonissime.
Un tempo raccogliere le erbe nei boschi era pratica comunissima, e gli usi a determinate specie erano riservati sia alla preparazione e condimento dei cibi che come medicazioni e rimedi a diversi malanni. Oggi abbiamo perso un po’ quella cultura antica, ma grazie alla divulgazione possiamo ancora riscoprirla.
Esistono erbe molto apprezzate, assolutamente commestibili, che offrono benefici al palato e alla salute. Naturalmente è sempre bene informarsi adeguatamente prima di raccogliere e poi consumarle, poiché sussistono anche rischi di tossinfezione. Andiamo subito a scoprire quali sono i prodotti verdi della montagna che possiamo utilizzare in cucina, quali sono le loro proprietà e ovviamente i benefici.
Erbe di montagna buone, commestibili e da inserire nel regime alimentare
Tra le erbe più conosciute e apprezzate troviamo innanzitutto il taràssaco, il cui nome scientifico è Taraxacum officinalis, anche se è conosciuto con altri nomi come ad esempio “dente di leone”, “soffione” e altri. Il tarassaco si riconosce facilmente per l’ampia fioritura gialla, la cui massima espressione comincia a tarda primavera. Gli esperti consigliano di eseguire la raccolta prima che il fogliame raggiunga dimensioni molto grandi.
Le parti commestibili della pianta si possono consumare sia cotte che crude, e sono particolarmente indicate per apportare benefici all’apparato digestivo; inoltre si può ampliare lo spettro benefico bevendo anche l’acqua dove è stata bollita. Il modo migliore per mangiare il tarassaco è raccogliere le foglie più fresche della rosetta basale, da preparare sia saltate in padella che lesse, e anche crude per arricchire l’insalata. I più esperti sfruttano anche i boccioli, conservandoli sott’aceto e grazie alla lavorazione dei fiori ne ricavano ingredienti per i dolci o basi per la preparazione di infusi.
Passiamo adesso ad un’altra pianta molto apprezzata, conosciuta con diversi nomi tra i quali spinacio selvatico o farinello, il cui nome scientifico è Chenopodium bonus-henricus. Il “buon amico” si chiama così non a caso, perché le proprietà della pianta sono utili in cucina ma anche per risolvere diversi problemi di salute. Va raccolto prima della fioritura e le sue foglie si prestano ad essere cotte in padella o lessate, per poi essere consumate tali e quali condite oppure come ingrediente per tortini ripieni. Si possono comunque consumare anche crude, condite a piacere.
Il consumo del “buon amico” è indicato per chi soffre di stipsi e anche per chi desidera depurare l’organismo. Tuttavia, meglio non mangiare questa pianta se si soffre di problemi ai reni o al fegato. Per quanto riguarda il comparto salute, le foglie fresche dello spinacio selvatico sono ottime per lenire gli effetti di scottature e per velocizzare la guarigione.
Cumo e bruscandoli: due piante eccezionali
Come possiamo immaginare, questa erba di montagna si chiama così perché assomiglia alla famosa spezia cumino.
Di essa si possono usare sia le foglie che i frutti: questi ultimi (che vengono definiti semi per la loro forma) sono perfetti come aromatizzante per i prodotti da forno, carne e formaggi, ma anche per preparare liquori e distillati. I semi sono noti in erboristeria poiché usati per migliorare la digestione e anche come antisettico per l’intestino. Con le foglie si preparano invece risotti oppure gnocchi o soufflé
Passiamo adesso ad un’altra pianta molto apprezzata soprattutto in cucina, i bruscandoli, meglio conosciuti come Luppolo selvatico: assomigliano molto agli asparagi e se ne usano in prevalenza i germogli. Le ricette a cui si prestano sono numerose, proprio come per “i cugini asparagi”, considerati più pregiati. Oltre a offrire gusto in cucina, i bruscandoli vantano proprietà depurative e diuretiche e oltretutto contengono pochissime calorie.