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In scarpe da ginnastica sul ghiacciaio: perché non si deve fare

La stagione estiva è ufficialmente iniziata ed è tempo di salite in alta quota, alla ricerca di frescura e di emozioni. Alta quota, ma quanto? Ogni escursionista o alpinista dovrebbe essere in grado di selezionare gli itinerari sulla base delle proprie competenze ed esperienze. La regola da tenere a mente è quella valida anche in tutto il resto dell’anno: divertirsi in sicurezza. Una regola facile da ricordare, facile anche da mettere in pratica, che però ogni anno si conferma non nota e seguita in maniera universale. All’arrivo dei primi caldi, puntualmente giungono dal Soccorso Alpino segnalazioni di situazioni a rischio e/o cronache di interventi a supporto di escursionisti impreparati, accompagnate da un caloroso invito alla prudenza. Nei giorni scorsi è toccato al Soccorso Alpino del Piemonte portare all’attenzione del vasto pubblico l’errore commesso da due escursionisti, immortalati in tuta e scarpe da ginnastica tra i ghiacci del Monte Rosa.

Con le sneakers a 4000 metri. Il CNSAS: “Prevenire senza giudicare”

Nei giorni scorsi il Soccorso Alpino piemontese ha condiviso sui social due immagini che ritraggono una coppia di escursionisti intenti a passeggiare sul Colle del Lys, nel massiccio del Monte Rosa. In tale frase troviamo un netto ossimoro: passeggiare e Colle del Lys. Siamo infatti a una quota di 4151 metri sulle Alpi Pennine. Niente sentieri, niente boschi, solo ghiaccio e neve. Un terreno su cui non si “passeggia” ma, per utilizzare il termine tecnico preciso, che a breve scopriremo cosa significhi, si “progredisce”.

I due protagonisti della vicenda portata all’attenzione del pubblico appaiono dotati di un abbigliamento decisamente non idoneo a un ambiente glaciale. Uno dei due indossa dei pantaloncini, ma il particolare su cui soffermarsi maggiormente è che ai piedi calzino delle scarpe da ginnastica. Niente scarponi, niente ramponi. Una “passeggiata” a rischio di scivolamento e soprattutto a rischio di cadute in crepacci nascosti sotto la neve. Cosa fare di fronte a una scena simile? Il suggerimento del Soccorso Alpino è di non puntare il dito. Ma trarre insegnamento. “Prevenire senza giudicare”, si legge in apertura del messaggio diffuso su Facebook.

“La Repubblica italiana affida per legge al Soccorso Alpino e Speleologico la “prevenzione degli infortuni nell’esercizio delle attività alpinistiche”. Non il diritto di giudicare il comportamento di coloro che frequentano la montagna che è – e deve rimanere – un territorio di libertà”, scrive il Soccorso Alpino. “Non ci piace puntare il dito e non ci piacciono le gogne mediatiche e i leoni da tastieraprosegue il messaggio – ma ci permettiamo di considerare imprudente il comportamento delle due persone fotografate da un nostro tecnico lo scorso fine settimana a oltre 4000 metri, nella zona del Colle del Lys sul Monte Rosa.”

Le foto condivise non sono dunque un invito alla derisione, al contrario uno spunto per riflettere collettivamente sulla necessità di imparare (e ripassare annualmente) le regole da seguire per muoversi in sicurezza su ghiacciaio. “Per la propria e altrui sicurezza sui ghiacciai si procede in cordata, con calzature adeguate, ramponi e abbigliamento consono. Ogni incidente è provocato da una catena di fatalità e piccoli errori che scatenano una situazione imprevedibile, soprattutto in un ambiente come il ghiacciaio dove i pericoli oggettivi sono numerosi. L’attrezzatura adatta consente di ridurre le conseguenze degli eventi inattesi.”

Frequentate la montagna, ma con prudenza. E aiutateci a fare prevenzione senza giudicare”, l’invito conclusivo del Soccorso che, indipendentemente dalle circostanze, dalle “colpe” del singolo dettate da superficialità e inesperienza, è sempre operativo “per soccorrere chiunque ha bisogno, in montagna e terreno impervio.”

La segnalazione giunge da un ghiacciaio raggiungibile in maniera “comoda”. Più di altri. Sul massiccio del Monte Rosa sono infatti presenti impianti di risalita che consentono di guadagnare quota senza fatica. Non stupisce che in calce al post del Soccorso sia nata dunque una sana riflessione su quanto la probabilità del ripetersi di simili circostanze sia influenzata dalla presenza degli impianti di risalita. Sul Monte Rosa così come in altre aree delle Alpi, quali la Marmolada o il ghiacciaio Presena.

Come ci si comporta su un ghiacciaio

Su ghiacciaio, come ribadito dal Soccorso Alpino, si procede con abbigliamento e calzature idonee, ovvero scarponi da montagna, equipaggiati di ramponi. Importante è anche essere dotati di casco e piccozza. Ultima indicazione: non bisognerebbe mai muoversi da soli. Questo perché sui ghiacciai il rischio principale non è rappresentato, come si potrebbe pensare, dallo scivolamento ma dalla caduta nei crepacci.

In cordata su ghiacciaio
Photo by Prissantenbär licensed under CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/deed.en) – Gentechevainmontagna.it

In estate queste spaccature caratteristiche delle masse glaciali –  di larghezza e profondità estremamente variabili – possono essere visibili o celate sotto uno strato di neve che ricopra il ghiacciaio, difficili da identificare anche per i più esperti. Essenziale è dunque poter arrestare una eventuale caduta. Per tale ragione, su ghiacciaio ci si muove in cordata, legati in fila indiana. In gergo tecnico si parla di “progressione su ghiacciaio”.

La cordata ideale è costituita da 2 o 3 membri – dunque in caso di uscita guidata, 1 guida e 1/2 clienti. Ciascun componente indossa un imbrago cui viene agganciata la corda, che deve essere lunga almeno 50 metri, così da assicurare che la distanza di collegamento tra i singoli componenti non sia inferiore a 10 metri. Il capocordata si posiziona davanti mentre si avanza in piano o in salita, come ultimo se si è in discesa.

Si avanza tenendo in una mano la piccozza, nell’altra la corda tesa, così da evitare di inciampare nella corda stessa e, in caso di caduta di uno degli altri membri, aver modo di percepire la tensione della corda prima che lo strappo venga trasmesso all’imbracatura. Importante è saper impugnare bene la corda, a mano rovesciata, con il palmo rivolto verso il basso e pollice verso se stessi. In questo modo ci si assicura di percepire la tensione che deriva dalla caduta di un compagno, e prepararsi nell’immediato a trattenere la caduta.

Per limitare i rischi di caduta, oltre all’essere adeguatamente attrezzati e al gestire in maniera corretta la progressione in cordata, importante è conoscere il percorso che si va ad affrontare. Nel caso in cui ci si affidi alle guide alpine, potete stare certi che la guida abbia analizzato il percorso e identificato i principali punti critici. Se si è autonomi è bene svolgere tale analisi con il supporto di guide, rifugisti, di chi insomma conosca il ghiacciaio.

E se si cade in un crepaccio?

Nonostante tutte le accortezze, un crepaccio potrebbe sfuggire all’attenzione anche dei più esperti. Ed ecco che si verifica una caduta. Come ci si comporta in tal caso? Per arrestare e recuperare un alpinista caduto in un crepaccio è importante avere nozione delle tecniche di soccorso, che dipendono dal numero di componenti della cordata. Anche in questo caso non c’è spazio per l’improvvisazione. Sui ghiacciai si va preparati. Utilizzare le attrezzature consigliate e/o muoversi in cordata non è obbligatorio per legge, la responsabilità delle proprie scelte ricade solo su noi stessi.

Per facilitare il ripasso delle nozioni essenziali del come muoversi sui ghiacciai, trovate di seguito una rapida video-lezione del Soccorso Alpino dedicata alla progressione su ghiacciai, realizzata nell’ambito del progetto “Sicuri in Montagna”, avviato nel 1999 con l’obiettivo di “rendere la montagna un luogo più sicuro riducendo gli incidenti umanamente evitabili.”

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