In alcuni casi, anche con contributi versati per 5 anni, è possibile andare in pensione e farlo con un ottimo riscontro economico.
La questione contributiva in Italia per il sistema pensionistico è sicuramente uno dei problemi maggiori per i cittadini che devono quindi pensare a strategie alternative per poter completare il loro fondo e andare in pensione sereni con quanto occorre.
Ci sono però tante strade alternative sia a copertura dei fondi che per quanto concerne proprio lo schema contributivo, andando a recuperare gli anni persi o comunque arrivando a una cifra migliore dal punto di vista economico su base mensile. Il problema è che molti non sanno bene come fare, quali sono le opzioni disponibili e in quali casi si può fruire della pensione anche con pochi contributi.
Una persona deve lavorare a lungo prima di poter andare in pensione all’età stabilita, al momento 67 anni, non senza problemi. La legge Fornero ha chiesto agli italiani di andare in pensione dopo, un “sacrificio” richiesto per rispondere alle necessità dello Stato. Guardando però complessivamente al quadro nazionale, si notano trattamenti differenziati e che dipendono dalla durata dei versamenti dei propri contributi, dagli importi e anche dal proprio lavoro. Alcune categorie specifiche, come i parlamentari, hanno privilegi che sono molto diversi rispetto ad un pensionamento standard.
Dopo la riforma del 2012 sono stati eliminati gli assegni vitalizi. Tuttavia, la questione è comunque differente. E per comprendere di cosa si parli, basta paragonare un assegno medio di un pensionato, che dopo una vita esce dal mercato del lavoro, a quanto spetta invece ad un parlamentare. Con 5 anni di mandato percepisce 1500 euro al mese. La cifra può aumentare fino a 4 mila euro al mese se si hanno 15 anni di mandato o comunque più camere.
Guardando alla tabella dunque, si appresta un aumento progressivo degli importi lordi. Oggi una pensione da 1500 euro al mese viene corrisposta a un lavoratore che per 42 anni e 10 mesi ha effettuato versamenti. Senza considerare che questi hanno anche un trattamento basato sulla liquidazione. Questo avviene perché la cassa che riguarda il pensionamento e quindi i contributi dei parlamentari è differente portando a un reddito diverso a fine lavoro.
I deputati hanno un’indennità netta di 5000 euro mensili, una diaria di 3503,11 euro e un rimborso spese per mandato di 3690 euro, a cui aggiungere 1200 euro annui di rimborsi telefonici e fino a 3995,10 euro per i trasporti. Al Senato invece il guadagno è di 14.634,89 euro mensili. Secondo uno studio inglese sugli stipendi in Europa, un parlamentare italiano guadagna il doppio di uno inglese, sei volte quello dei colleghi spagnoli e comunque di più di tedeschi e francesi.
Considerando questi stipendi di partenza, non sorprende dunque che si possa arrivare ad una certa pensione dopo 5 anni. Di fatto questa è proporzionale come negli altri casi. Sul sito della Camera si legge che il trattamento pensionistico è basato sul sistema di calcolo contributivo, quindi analogo ai dipendenti pubblici. I deputati che cessano il mandato conseguono il diritto alla pensione a 65 anni di età e comunque se sono stati eletti per 5 anni. Per ogni anno di mandato si toglie un anno all’età pensionabile che arriva comunque a 60 anni.
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