Una misura preziosa del welfare italiano, l’Assegno di inclusione. Ma c’è un caso specifico in cui si rischia di perderlo.
L’Assegno di Inclusione ha sostituito, in un certo senso, il Reddito di cittadinanza, abolito dal Governo Meloni per spazzare via la norma, vessillo del Movimento 5 Stelle. Ma, come per il Reddito di cittadinanza, anche l’Assegno di inclusione può decadere per una determinata causa. Ecco quale.
In questi anni, l’Assegno di inclusione ha rappresentato un cardine per dare un aiuto di livello economico alle persone che si trovano in una situazione di difficoltà economica. Il nostro Paese, infatti, vive, ormai da tempo, una crisi finanziaria che ha gettato moltissime persone in condizioni da cui è difficile uscire. E di certo tagliare alcuni sussidi come il Reddito di Cittadinanza (al netto di disfunzioni e ruberie) non ha aiutato. Insomma, l’Assegno di inclusione è uno strumento prezioso, ma si rischia di perderlo. Ecco in che occasione.
Quando si rischia di perdere l’Assegno di inclusione
Dunque, bisogna fare attenzione alle dimissioni dal lavoro, sia quando rassegnate nei 12 mesi prima della domanda che durante il periodo di percezione della misura. L’articolo di riferimento è il comma 3, articolo 2, del decreto n. 48 del 2023. Questa norma preclude la possibilità per le famiglie con uno o più componenti disoccupati a seguito di dimissioni volontarie rassegnate negli ultimi 12 mesi. Si tratta di qualcosa di ancora più stringente, rispetto a quanto prevedeva il Reddito di cittadinanza, che prevedeva che le dimissioni comportassero soltanto l’esclusione della persona dal parametro di scala di equivalenza. Mentre era consentito agli altri componenti della famiglia di avere il sostegno.
Insomma, le dimissioni volontarie devono essere solo l’ultima spiaggia. Ovviamente, non ci riferiamo alle dimissioni per giusta causa, o quelle con risoluzione consensuale. Ma tutti gli altri tipi di dimissioni, comprese quelle per il cambio lavoro. Con esse, oltre all’Assegno di Inclusione, infatti, si rischia di perdere anche l’indennità di disoccupazione, nota come Naspi.
Dunque, potrebbe essere inutile, quasi tempo perso, fare del tutto la domanda. Soprattutto in questi casi: se le dimissioni sono successive alla domanda va presentato – entro 30 giorni dall’evento – il modulo Adi Com-Esteso, ricorrendo ai servizi offerti da Caf e patronati.
E, chiaramente, rimanete sempre entro i termini di legge. L’omessa comunicazione di informazioni rilevanti, quando si tratta di percepire soldi pubblici, è un reato ed è punita con la reclusione da uno a tre anni, oltre alla decadenza del sostegno e alla restituzione degli importi percepiti indebitamente. Anche con gli interessi.