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Bonus mamme e Assegno Unico: arriva la doppia stangata e perdi un sacco di soldi

Guadagnare da una parte e rimetterci dall’altra: il rischio è concreto se si crea un “cortocircuito” tra Bonus mamme e Assegno unico.

Come molti di voi già sanno, la Legge di Bilancio 2024 ha introdotto un importante e ben gradito aiuto per le donne con figli: il Bonus mamme. Ma i contribuenti interessanti forse hanno cantato vittoria troppo presto. Con l’entrata in vigore effettiva della misura, infatti, ci si è resi conto che in certi casi l’adesione al bonus non conviene affatto e, paradossalmente, è meglio rinunciarvi.

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Il Bonus mamme è un importante e ben gradito aiuto per le donne con figli, ma non sempre così conveniente – Gentechevainmontagna.it

Il problema sta nel fatto che il Bonus mamme fa aumentare l’imponibile Irpef e, di conseguenza, le tasse da pagare, oltre a incidere sul valore dell’Isee, con effetti potenzialmente controproducenti sull’importo dell’Assegno Unico. Come uscire da questo labirinto fiscale?

La variabile che condiziona Bonus mamme e Assegno Unico

Bisogna tener presente che il bonus mamme è stato concepito come un esonero contributivo: lo Stato si fa carico di un contributo previdenziale altrimenti a carico della lavoratrice (fino a un massimo di 3mila euro all’anno, ripartito su base mensile con un limite di 250 euro al mese), e di conseguenza aumenta il netto in busta paga. Ma se sale il netto, sale anche l’imponibile fiscale e, di conseguenza, l’Irpef da pagare.

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Con la variabile Assegno Unico, la convenienza del Bonus mamme rischia di essere scarsa o nulla – Gentechevainmontagna.it

Un po’ come nel caso del proverbiale cane che si morde la coda. Inoltre, come accennato, l’aumento del reddito incide anche sul calcolo dell’Isee, da cui dipende – in misura inversamente proporzionale – l’Assegno Unico. Il calcolo di convenienza è piuttosto complicato, anche perché l’Isee dipende da molti altri fattori. Certo è che sull’Irpef pesa parecchio. Secondo una simulazione fatta da Fisac Cgil, una lavoratrice con due figli e uno stipendio lordo mensile di 2mila euro.

E così, a fronte di un esonero contributivo di 64 euro, si vedrebbe riconosciuto un aumento in busta paga non più di 49 euro, dovendone pagare 15 di Irpef in più. Se il reddito lordo è di 3mila euro, invece, l’esonero contributivo sarebbe di 250, con un aumento effettivo di 163 euro. Meglio poco che niente, certo, ma di sicuro importi simili non sono sufficienti a invogliare a mettere al mondo un (altro) figlio. Se poi a tutto ciò aggiungiamo la variabile Assegno Unico, l’incasso effettivo si fa ancora più magro. Tanto che, a conti fatti, può risultare più conveniente non usufruire affatto dell’incentivo.

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