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Carlo Alberto Pinelli, presidente di Mountain Wilderness definisce il concerto di Jovanotti “Diseducativo ed arrogante”

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Redazione Gente

Come saprete da qualche giorno imperversa la polemica tra la leggenda dell’alpinismo Reinhold Messner e il cantante Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti.

Polemica iniziata dalla decisione di organizzare una tappa del Jova Beach Party al Plan de Corones in provincia di Bolzano a 2275 metri e proseguita con un carosello di dichiarazioni tra gli organizzatori, gli sponsor e lo stesso Jovanotti.

Anche Carlo Alberto Pinelli, presidente onoraio di Mountain Wilderness, associazione che ha come scopo la difesa del patrimonio naturale e culturale della montagna, si è espresso in merito. Riportiamo la sua dichiarazione.



Il cantante Jovanotti sostiene che nella scelta dei luoghi in cui si possono organizzare grandi concerti un posto vale l’altro. Dal punto di vista strettamente geografico forse ha ragione. Una grande piazza, una prateria, una spiaggia, una elevazione montana fanno tutte parte allo stesso modo dell’ambiente fisico in cui il formicaio degli umani si muove e interagisce. Ma Jovanotti ha torto marcio se si tengono in considerazione le aspettative che ciascuno di quei luoghi suggerisce e stimola, le loro diverse vocazioni culturali, gli investimenti affettivi e esistenziali che essi possono propiziare. In poche parole: il loro significato autentico. Un significato derivato da un indissolubile intreccio di valori estetici, etici, storici, comportamentali, psicologici.
Tutti sappiamo benissimo che non è la stessa cosa trovare una lattina di birra dimenticata sulle gradinate di uno stadio o abbandonata in un bosco o su una vetta montana. In questi ultimi due casi basta la presenza di quel cilindretto di alluminio ammaccato per incrinare la magia del luogo, rendendo di conseguenza più povera l’esperienza di chi ha speso energie e tempo per trovare nell’ incontro con quegli spazi silenziosi e deserti una parte dimenticata di se stesso. Ma – Jovanotti e i suoi accoliti obietteranno- solo una minoranza dei nostri simili cerca quegli incontri . La maggioranza dei cittadini se ne sbatte della natura incontaminata e del messaggio che essa sussurra sottovoce in chi le si avvicina in punta di piedi, a cuore aperto. E allora? Allora noi crediamo che una società davvero civile dovrebbe essere in grado di comprendere e rispettare i bisogni immateriali delle sue minoranze, anche se la maggioranza non ne riesce ancora a individuare fino in fondo le ragioni. Ripetiamo per l’ennesima volta un esempio forse banale: possiamo essere atei, ma dovremmo tutti combattere con le unghie e con i denti per non permettere che una chiesa, anche se ormai frequentata da un esiguo pugno di fedeli, venga trasformata in una discoteca, affollata da un pubblico ben più numeroso. Chi non è in grado di afferrare la differenza non è degno di chiamarsi civile.  Si badi bene: non lo sosteniamo solo noi; lo dice a chiare lettere anche la Costituzione italiana e la stessa preoccupazione è implicita in tutte le leggi promulgate per tutelare gli ambienti naturali di particolare pregio: parchi nazionali e regionali, SIC, ZPS, Natura 2000 ecc.
Nel caso specifico di cui ci occupiamo ora, esiste certamente e ha un certo peso una seconda obiezione: Plan de Corones in Alto Adige è un pezzo di montagna già spogliato in gran parte del suo significato originario a causa di impianti per lo sci altamente invasivi ed anche – duole dirlo – del recente museo (per altro di alta qualità artistica) voluto da Reinhold Messner e progettato dalla grande architetta Zahia Hadid. Basta questo per dare il via libera all’ assalto progettato dal baldo cantante italiano e dai suoi sponsor?
Ne dubitiamo. Plan de Corones, sebbene sfigurato e in vari modi umiliato, resta comunque un luogo montano e come tale continua a rispecchiare simbolicamente (seppure a livello paradossale) quello che è il messaggio della montagna. Le folle in delirio che dovrebbero assistere al concerto vedranno tutt’intorno i profili di altre montagne e saranno portati a considerare lecito – anzi auspicabile – la loro trasformazione nel fondale pittoresco e senz’anima di un rumoroso palcoscenico di inequivocabile ( e non esportabile) connotazione urbana. Salta agli occhi di chiunque sappia usarli il carattere profondamente diseducativo di iniziative di questo tipo. Diseducativo e arrogante: ennesimo affronto escogitato dagli impiantisti per mercificare la montagna, soffocando la percezione dei valori che, attraverso il respiro della natura, possono arricchire di senso la nostra vita.

Redazione Gente

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