Trasformare le proprie passioni in un lavoro è un sogno comune. Nel mondo della montagna uno dei mestieri che nell’immaginario collettivo rappresenta appieno la realizzazione di tale aspirazione, è quello della guida alpina. Termine con cui, secondo la definizione fornita dalla legge n. 6 del 2 gennaio 1989 si identifica “chi svolge professionalmente le seguenti attività: accompagnamento di persone in ascensioni sia su roccia che su ghiaccio o in escursioni in montagna; accompagnamento di persone in ascensioni scialpinistiche o in escursioni sciistiche; insegnamento delle tecniche alpinistiche e scialpinistiche con esclusione delle tecniche sciistiche su piste di discesa e di fondo“.
Immaginiamo di svegliarci un mattino e, stanchi della vita di ogni giorno, ipotizzare di voler diventare guide alpine. Quanto è realizzabile tale desiderio? Qual è l’iter da seguire e quanto tempo è necessario per affermarsi? Per trovare risposte a tali quesiti abbiamo chiesto a un professionista del settore, Francesco Ratti, classe 1980, membro della storica Società Guide del Cervino, di raccontarci la sua personale esperienza.
La parola alla guida alpina Francesco Ratti
Francesco, ci racconti come e quando hai deciso di diventare guida alpina?
Partiamo col dire una cosa importante: non è che ci si sveglia un mattino e si decide di diventare guida alpina. Per entrare nel percorso di formazione serve avere alle spalle un buon curriculum alpinistico, una buona esperienza in scialpinismo, arrampicata su roccia, neve, ghiaccio, misto. Nell’arrampicata ad esempio bisogna aver raggiunto un determinato grado, in alpinismo è necessario aver affrontato salite con un certo dislivello, tutti dettagli che si possono trovare sui siti dei collegi delle guide alpine (in Italia abbiamo una serie di collegi regionali, coordinati da un collegio nazionale) e fungono da riferimento per prepararsi adeguatamente. Personalmente ho deciso di intraprendere il percorso di formazione che avevo circa 30 anni, ed ero già in possesso dei requisiti necessari. Mi ero laureato, avevo sperimentato per un po’ il lavoro d’ufficio ma non lo sentivo nelle mie corde e quindi, assecondando la mia passione per l’alpinismo, mi sono detto “Perché no? Perché non cercare di dedicarmi alla montagna a 360°?”.
Esiste una età giusta per diventare guida alpina?
Oggi la maggioranza dei candidati ha dai 28 anni in su, diciamo in media 28-35 anni. Le ragioni sono due: devi esserti costruito il curriculum che dicevamo, e devi avere una disponibilità finanziaria tale da sostenere il percorso di formazione. Il corso è infatti a pagamento, a seconda delle regioni è possibile usufruire di agevolazioni ma parliamo di cifre abbastanza elevate. Sommando il costo del corso e le spese legate alle varie trasferte, si arriva anche ai 20.000 euro. E non in ultimo serve disponibilità di tempo. Calcolate che per diventare aspirante guida alpina sono necessarie 90 giornate, spalmate su 2 anni, e bisogna anche allenarsi, e tanto. Il primo anno è di formazione e il secondo anno è dedicato agli esami delle singole discipline, cui tocca arrivare preparati.
Ci racconti le tue prime esperienze da guida?
Nel percorso di formazione, come accennavo poco fa, si diventa prima aspirante e poi guida alpina. L’aspirante ha qualche limitazione in termini di zone dove poter operare, ad esempio in Valle d’Aosta il Cervino è off limits per gli aspiranti. Ma il problema non è tanto quello delle salite che non puoi gestire (che alla fine sono poche) ma del farti una clientela. E lì tocca un po’ ingegnarsi. Personalmente, quando sono diventato aspirante, non vivevo ancora in Valle d’Aosta. Ero a Lecco, dunque ho iniziato a lavorare al fianco di una guida di Lecco, che aveva già il suo giro di clienti. Considerata la zona, facevo tanti corsi di arrampicata, portavo tanta gente sulle Grigne, d’inverno si puntava sull’arrampicata su ghiaccio. Una volta trasferitomi in Valle d’Aosta lo scenario è cambiato.
In che senso?
Sono entrato nella Società Guide del Cervino, dove il lavoro è organizzato in questo modo: le richieste dei clienti vengono raccolte da una segretaria e ripartite in maniera uguale tra le guide. In sostanza si lavora a turno. Ed è un lavoro nettamente diverso da quello che facevo a Lecco, perché in Valle d’Aosta si punta molto di più sull’alpinismo, d’inverno si fa molto più sci, tantissimo scialpinismo, molta meno arrampicata. Si lavora intensamente nei mesi di luglio, agosto, settembre e poi in inverno da gennaio ad aprile, mentre nelle mezze stagioni diciamo che siamo un po’ più tranquilli. Se si è guide “di città”, come potevo esserlo a Lecco, l’estate magari risulta meno frenetica ma poi si è operativi tutto l’anno, si collabora molto con le palestre, si lavora anche la sera.
Ci hai raccontato dei tuoi esordi a Lecco, al fianco di una guida alpina già più esperta, e della tua entrata nella Società Guide del Cervino. Per una guida alpina è più conveniente lavorare in gruppo o da sola?
Agli inizi è importante lavorare in gruppo. E non è necessario puntare a società grandi come quella delle Guide del Cervino, in cui siamo circa 30 professionisti. In Italia ci sono ad esempio molte scuole di alpinismo costituite da 5/6 persone, che sono perfette per iniziare. Quando fai gruppo diventa più facile trovare clienti e sei anche in grado di offrire un servizio migliore. Per esempio, se un cliente richiede un servizio per un determinato giorno, e in quel giorno una guida è occupata, se ne occuperà un’altra. Non rimani scoperto. E non vediamola soltanto come mezzo per farsi clienti, lavorare insieme ad altri professionisti aiuta a fare esperienza, a migliorarsi. All’inizio è bene farsi dare una mano. Poi, nel tempo capita di accompagnare dei clienti che si trovano così bene da decidere di voler nuovamente te come riferimento per ulteriori uscite. E nasce così una clientela più fissa, tua personale.
Attualmente quindi lavori sia nell’ambito della Società Guide del Cervino che in autonomia?
Sì. Di giornate d’ufficio ne prendo molte meno rispetto ai primi tempi perché ho già i miei clienti affezionati che mi chiamano in maniera diretta, mi “prenotano”, passatemi il termine. E mi ritrovo col calendario pieno e l’impossibilità di rispondere a ulteriori richieste che arrivino dalla Società.
Un’ultima curiosità: dall’esterno si guarda alle guide alpine come professionisti che hanno tutto sotto controllo. Hai mai avuto paura durante lo svolgimento della tua attività?
Ma sì, io così come qualunque altra guida alpina. Forse più che paura, è meglio parlare di momenti di dubbio, di incertezza, di tensione. Per farvi un esempio, può capitare un cliente che vi chieda di accompagnarlo a fare qualcosa, immaginiamo una certa salita. E vi rendete conto che non sia in grado. Situazioni che capitano perché ci sono tante persone che non hanno chiaro cosa stiano andando a fare. Di fronte a simili scene adesso, con l’esperienza che ho alle spalle, non mi faccio molti scrupoli e dico “non sei in grado, si torna indietro”. Agli inizi però si è molto più insicuri. Sei lì a pensare che il cliente ti sta pagando per ottenere da te un servizio e non sai bene cosa fare. Altre situazioni delicate possono verificarsi nel caso di repentini mutamenti del meteo. Si sente dire spesso che le guide alpine debbano fare uscite solo col bel tempo, e noi assolutamente cerchiamo di rispettare tale regola. Il problema è che le previsioni possono essere imprecise, dunque dal bollettino si evince che il tempo potrebbe reggere fino a fine gita, poi magari ti ritrovi nel maltempo improvviso, insieme a gente inesperta. E lì serve sangue freddo.
È difficile da spiegare ma quel che posso dirvi in sintesi è che non è tutto oro quel che luccica. Non è che siamo sempre in giro a divertirci in montagna. La guida alpina ha la grande responsabilità di accompagnare in ambiente montano la sua clientela. Il consiglio che vorrei dare ai ragazzi che aspirino a diventare guide alpine è di avere chiaro che non sia come andare in montagna tra amici. Bisogna mettere in conto di dover accompagnare persone anche molto impreparate, in posti tendenzialmente pericolosi, in cui bisogna valutare tante variabili. Non è un mestiere così facile, non è un mestiere per tutti.