Per i ghiacciai del Belpaese potrebbe essere stato superato il punto di non ritorno: ecco la scoperta choc di un team accademico.
Che la neve invernale fosse ormai un pallido ricordo lo sapevamo già, e la temperatura insolitamente mite di queste settimane sta a ricordarcelo, se ce ne fosse bisogno. Ma il problema del riscaldamento globale – legato a doppio filo a quello dell’inquinamento ambientale – ormai non conosce quota. Basti vedere cosa sta succedendo ad alcuni dei più maestosi ghiacciai del nostro territorio.
La scorsa estate Greenpeace Italia ha raccolto una serie di campioni dai ghiacciai dei Forni e del Miage, due dei più importanti ed estesi dell’arco alpino, tra Lombardia e Valle d’Aosta. E li ha analizzati grazie al supporto del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli Studi di Milano e del Dipartimento per lo Sviluppo Sostenibile e la Transizione Ecologica dell’Università del Piemonte Orientale. Il risultato è a dir poco sconfortante.
Lo scenario apocalittico che incombe sui ghiacciai
A quanto pare, i ghiacciai dei Forni e del Miage sono disseminati di microplastiche. Risultano infatti contaminati l’80% dei campioni prelevati sul ghiacciaio dei Forni e il 60% di quelli raccolti sul ghiacciaio del Miage. Tra le particelle di plastica individuate (di dimensioni inferiori a un millimetro) le fibre rappresentano oltre il 70% dell’impronta. Più nel dettaglio, il cellophane è il polimero prevalente (55%), seguito dal polietilene-polipropilene (35%) e dal nylon (10%). Cosa significa tutto ciò per la salvaguardia dei nostri ghiacciai?
In un periodo storico come quello che stiamo attraversando, con l’aumento delle temperature globali a tutte le latitudini, il rischio concreto è quello del rilascio di inquinanti immobilizzati all’interno dei ghiacciai in fusione, con la conseguente contaminazione degli ecosistemi acquatici e terrestri che si trovano a valle.
Le cause? Sicuramente le attività turistiche e alpinistiche, con la presenza di impianti sciistici e di risalita, rappresentano una fonte di contaminazione locale. A ciò bisogna aggiungere la degradazione e la frammentazione di rifiuti plastici di grandi dimensioni abbandonati sui ghiacciai, come gli imballaggi alimentari, o trasportati lì dalle correnti atmosferiche.
Sta di fatto che nell’ultimo secolo i ghiacciai delle Alpi hanno perso oltre il 50% della loro estensione (e circa il 70% di questa metà è venuto meno negli ultimi 30 anni). Le proiezioni degli esperti sono apocalittiche: di qui al 2060 fino all’80% della superficie dei ghiacciai italiani alpini sarà scomparsa. Il che significa che tra 3 o 4 decenni assisteremo probabilmente a fenomeni siccitosi sempre più intensi e dirompenti.