Il sito explorersweb ha pubblicato la seconda parte dell’intervista a Alex Txikon, protagonista delle operazioni di ricerca della cordata Nardi-Ballard sul Nanga Parbat.
Angela Benavides, giornalista della testata online, ha intervistato Alex chiedendo ulteriori dettagli sullo svolgimento delle operazioni, i rischi e le aspettative.
Qui di seguito pubblichiamo la traduzione dell’intervista, consultabile nella versione originale cliccando qui.
Intervista a Alex Txikon
L’aspetto più discusso della spedizione invernale di Alex Txikon sul K2 non è riferito a quella montagna, ma alle operazioni di salvataggio sul Nanga Parbat, quando Txikon e la sua squadra hanno lasciato il campo base del K2 con uno snervante viaggio in elicottero attraverso una zona di guerra, equipaggiati di un telescopio, tre potenti droni e solo una flebile speranza di trovare Daniele Nardi e Tom Ballard ancora vivi, visto che i due erano ormai dispersi da una settimana. I giorni successivi si sono rivelati una vera avventura, con il tragico epilogo che il mondo alpinistico conosce bene.
Qui di seguito Txikon ci racconta quei giorni difficili.
Mi dispiace fare questa domanda, ma quando siete partiti per il Nanga Parbat, siete partiti per cercare i corpi o avevate veramente la speranza di trovare Nardi e Ballard vivi?
All’inizio non ero molto preoccupato, pensavo che la mancanza di contatti fosse dovuta a qualche problema tecnico. Nardi aveva un vecchio telefono satellitare Thuraya che spesso non funzionava. Due giorni più tardi ho iniziato a preoccuparmi veramente. Quando siamo partiti per le operazioni di ricerca sapevamo che le speranze erano minime. Abbiamo comunque mantenuto un barlume di speranza dentro di noi. Pensavo, o mi sforzavo di pensare “E se fossero bloccati da qualche parte ma con abbastanza energie da sopravvivere per più di una settimana?”, “E se la loro vita fosse ancora attaccata a un filo?”. Sarebbe stato un miracolo, e noi speravamo proprio in quel miracolo. E’ difficile da spiegare e ho centinaia di messaggi sul mio cellulare dove ci dicono che eravamo pazzi a rischiare la vita per cercare dei corpi, perfino la fidanzata di Ballard, Stephanie, disse che sapeva che Tom sicuramente non ce l’aveva fatt. Ma la famiglia di Nardi aveva ancora delle speranze e non ho potuto deluderli.
E’ per questo che hai rischiato la vita? Per non deludere i famigliari di Daniele Nardi?
Vai, perché sai che è la cosa giusta da fare. E anche perché sinceramente, vorrei che se capitasse a me di essere di essere disperso, qualcuno venga a cercarmi. E’ stato tutto veloce, il Dottor Josep Sanchis ha preparato tutto, abbiamo preso i droni e il telescopio e siamo partiti.
A proposito di rischiare la vita, il volo in elicottero attraverso una zona interdetta durante il conflitto con l’India deve essere stato rischioso come le valanghe sul Nanga.
Si, abbiamo avuto paura. La zona era completamente chiusa al traffico aereo e hanno lasciato decollare solo il nostro elicottero. I piloti erano molto nervosi, si aspettavano che gli indiani avrebbero aperto il fuoco. Dicevano che colpire un elicottero è molto facile perché è lento.
All’inizio si diceva che la spedizione di Braun si sarebbe occupata delle operazionidi soccorso, cosa è cambiato?
Sono state vagliate tutte le opzioni. Ero in contatto con molte persone, compresi il canadese Louis Rousseau e Agostino da Polenza un amico di Daniele, che ha chiesto a Ali Saltoro di riuscire a mandare degli aiuti al Nanga Parbat. Quando l’ambasciatore italiano e il fratello di Daniele mi hanno chiesto di andare, ho detto si.
Era il quinto tentativo di Nardi sul Nanga Parbat. E’ possibile che fosse così preso dal riuscire a scalare questo suo grande progetto da abbassare la guardia?
Nardi era ossessionato dal Nanga Parbat ed era testardo. Ma non era un principiante o un irresponsabile. Sapeva esattamente cosa stava facendo. Ho visto come hanno allestito i campi avanzati. Erano perfetti, ben equipaggiati e pronti per una scalata ben pianificata.
Tuttavia qualcuno ha detto che lo Sperone Mummery è troppo pericoloso, quasi un suicidio.
Non ne sarei così sicuro. Ne conosceva ogni centimetro, Guardi, per la mia esperienza lì, la via era di certo molto pericolosa ed esposta a valanghe durante le ore centrali della giornata, perché le temperature cambiano drasticamente sul Nanga Parbat. M la mattina presto e dal pomeriggio inoltrato in poi, nessun problema, Non è caduto nulla.
Quando ha avvistato i corpi?
Il 5 Marzo. Quando abbiamo inviato il drone però si è scaricata subito la batteria ed è caduto lontano. Non ci siamo potuti avvicinare ai corpi per il pericolo valanghe. Abbiamo aspettato fino alla mattina successiva e li abbiamo avvistati chiaramente col telescopio. Abbiamo subito avvisato la famiglia. Non abbiamo pubblicato foto. L’unica è stata condivisa dall’ambasciatore italiano Pontecorvo ed è stata sfocata di proposito per evitare di mostrare troppi dettagli.
Anche se l’immagine era sfocata, non sembravano comunque essere stati travolti da una valanga.
Non
sono stati travolti. Da lontano abbiamo visto che la corda sopra di loro era
tesa. Non lo posso dire con sicurezza, ma ho l’idea che o sono caduti, o forse,
causa il freddo e la stanchezza, sono rimasti assiderati quando la temperatura
è crollata dopo il tramonto. Comunque sia una tragedia.
Subito dopo il mio ritorno ho fatto visita alla famiglia di Daniele in Italia e
hanno organizzato una bellissima cerimonia di commemorazione.Non lo so … mi ha fatto riflettere su
molte cose. Sa, ho tenuto in braccio suo figlio di 6 mesi e non ho potuto fare
a meno di chiedermi se fosse il caso di andare sul Nanga Parbat con un figlio
così piccolo … Non so cosa dire. E’ molto triste.