Ogni anno, in occasione del ritorno dellāora solare nel pieno dellāautunno, capita a tanti di sperimentare una particolare sensazione di stanchezza. Dal mattino alla sera si fatica a concentrarsi, sembra quasi di svolgere ogni gesto quotidiano con maggiore lentezza e difficoltĆ . Quel semplice giro indietro delle lancette dellāorologio di 60 minuti ha il potere di rintronarci a tal punto da invidiare gli animali che vanno in letargo. Oggi vi accompagniamo alla scoperta delle specie che, allāarrivo della stagione fredda, cadono in letargo nei boschi italiani. CosƬ da poter scegliere a quale animale vi sentiate piĆ¹ vicini in questo difficile periodo di adattamento stagionale.
Letargo, ibernazione, torpore
Le specie animali che ogni anno cadono in letargo nei nostri boschi sono numerose. Anche se quelle che āsfruttiamoā per elaborare paragoni nelle fasi in cui ci si sente particolarmente stanchi risultano essere essenzialmente due: il ghiro o lāorso. Questi due rappresentanti della classe dei Mammalia, ovvero dei mammiferi, fungono da spunto per aprire una parentesi necessaria prima di procedere nella nostra ricerca degli animali dormiglioni delle foreste. Tra i due soltanto il ghiro si puĆ² affermare che vada propriamente in letargo.
Ma come, gli orsi lo sanno tutti che si addormentano nelle tane dopo lāarrivo dei primi freddi, e che ĆØ bene non disturbarli! Vero. Ma secondo la scienza orsi e ghiri mostrano due tipologie di riposo invernale differenti. Il letargo, dal greco Ī»Ī®ĻĪ· Ā«oblioĀ» e į¼ĻĪ³ĻĻ Ā«inerteĀ», ĆØ in senso stretto un sonno profondo che dura diversi mesi, durante i quali lāorganismo non si alimenta, non si idrata, mostra un rallentamento del battito cardiaco (che puĆ² arrivare anche a 2 battiti/min) e della respirazione, non ha bisogni fisiologici quali la minzione e la defecazione e va incontro a un sensibile abbassamento della temperatura corporea, che si avvicina a quella ambientale.
Lāibernazione potremmo definirla in maniera poco tecnica come un letargo piĆ¹ leggero. Si tratta sempre di uno stato di rallentamento del metabolismo, in cui lāanimale riposa senza alimentarsi, ma la temperatura del corpo non scende cosƬ drasticamente e il sonno risulta meno profondo, dunque piĆ¹ facile da interrompere. Il ghiro ĆØ in grado di dormire profondamente da ottobre ad aprile. Per quanto riguarda gli orsi invece non ĆØ raro vederne qualcuno a spasso in inverno, risvegliatosi per qualche disturbo dal suo sonno piĆ¹ leggero.
In entrambi i casi gli animali trascorrono settimane o mesi in condizioni di vita latente, cosƬ da affrontare la stagione piĆ¹ difficile dellāanno consumando meno energie possibili. Per sopravvivere senza mangiare, essenzialmente per mantenere la temperatura corporea al di sopra di una soglia limite, gli animali dormienti consumano riserve energetiche (grassi) accumulate prima dellāinverno.
A determinare lāattivazione, cosƬ come anche la fine, del letargo, sono meccanismi interni allāorganismo, il cosiddetto orologio biologico. Su stimolo di fattori esterni quali le ore di buio e di luce e la temperatura ambientale, ma anche di ritmi innati, alcune aree del cervello, attraverso la produzione di specifici ormoni, forniscono allāanimale lo stimolo a entrare e uscire dal loro sonno stagionale.
Oltre allāorso e al ghiro, chi sono gli altri dormiglioni dei boschi? Abbiamo i cugini piccoli dei ghiri, ovvero i moscardini, e poi gli istrici, i tassi, le marmotte, i ricci e i pipistrelli. Un caso particolare ĆØ rappresentato dagli scoiattoli, caratterizzati da una āibernazione attivaā. In sintesi, come abbiamo imparato da Cip e Ciop, accumulano in vista dellāinverno grandi quantitĆ di ghiande, semi o frutti come le noci, allocandoli in cavitĆ degli alberi. Nei mesi invernali restano nella tana se il meteo ĆØ inclemente, mentre in giornate di tempo sereno li si puĆ² vedere in giro per i boschi alla ricerca del loro bottino nascosto.
In Italia si sta espandendo sempre piĆ¹ uno scoiattolo non autoctono, il famoso scoiattolo grigio venuto dal Nord America, che a differenza del rosso europeo che segue il comportamento appena descritto, tende a sotterrare singolarmente le ghiande o i semi raccolti, disperdendoli su unāampia superficie, e poi dimentica dove siano tutti questi nascondigli. Pertanto finisce per consumare durante lāinverno solo una parte delle sue riserve, mentre quelle dimenticate sottoterra danno vita spesso a nuove piantine che potrebbero trasformarsi negli anni in alberi.
Vi ĆØ anche una modalitĆ di riposo ancora piĆ¹ leggera della ibernazione, detta torpore. Una sorta di stato letargico che dura solo alcune ore al giorno. Come nel caso del cervo nobile o dello stambecco, che rallentano il metabolismo per circa 9 ore al giorno. Un poā come se attivassero il risparmio energetico.
Non solo mammiferiā¦
Ma i nostri boschi non sono popolati solo da mammiferi, chi altro affronta lāinverno mettendosi in stand-by? Trascorrere lāinverno, in parte o in toto, in uno stato di inattivitĆ , ĆØ una caratteristica anche del mondo degli uccelli, degli anfibi, dei rettili, perfino degli insetti.
Gli uccelli presentano un letargo simile a quello dei mammiferi, nel senso che anche questi sono endotermi, in grado cioĆØ di regolare la temperatura corporea per via metabolica. Ma in Italia non ritroviamo specie che affrontino l’inverno ronfando. Lāunico uccello al mondo che cade in una forma di letargo ĆØ infatti il Succiacapre di Nuttall, che vive negli Stati Uniti.
Gli animali ectotermi, ovvero caratterizzati da una temperatura corporea che varia in funzione di quella ambientale, vivono in uno stato di quiescenza fintanto che la temperatura esterna non ritorni a salire. Ć il caso di rettili, quali serpenti e lucertole (dunque se ve lo state chiedendo sƬ, le vipere in inverno dormono) e di anfibi, come le rane. Un esempio di strategia per superare lāinverno molto particolare ĆØ quella adottata dallāululone dal ventre giallo (Bombina variegata). Questo piccolo anfibio anuro smette di respirare e arresta anche il battito cardiaco, un poā come se entrasse in uno stato di morte reversibile.
E anche tra i molluschi di terra cāĆØ chi trascorre la stagione piĆ¹ fredda dellāanno a riposo. Come la chiocciola, che sigilla lāapertura del guscio con un tappo costituito da muco e sali calcarei detto epifragma. Al contempo tale blindatura garantisce protezione e consente di mantenere attivi gli scambi gassosi con lāesterno. L’epifragma puĆ² essere prodotto anche in altre situazioni di stress, come in estate se fa troppo caldo o in caso di carenza di cibo, per cui la chiocciola entra in una sorta di fase di digiuno protratto. .
Tra gli insetti cāĆØ chi migra in inverno in zone a clima piĆ¹ mite e chi entra nella cosiddetta diapausa, uno stato di quiescenza in cui non si muovono, non si alimentano, non si sviluppano. Lo stato di sviluppo in cui ci si arresta fino al rialzo delle temperature puĆ² essere quello di uovo, di larva o di adulto. Le api rappresentano un caso a parte. Adottano infatti una strategia geniale per superare lāinverno. Si riuniscono attorno allāape regina in un āglomeruloā ronzante per produrre calore e mantenere dunque caldo lāalveare. I fuchi, che hanno come unica funzione quella dellāaccoppiamento, che in inverno non puĆ² essere svolto, vengono lasciati fuori dal glomerulo al freddo.