I consumatori continuano ad essere soggetti a veri e propri salassi per un pieno. Ma almeno i distributori ci guadagnano? Ecco i dati.
Ed ecco che, inesorabile, il prezzo torna a crescere: se qualche mese fa i consumatori avevano potuto tirare un modesto, modestissimo respiro di sollievo, con il prezzo al litro della benzina assestatosi a circa 1,7 Euro e ad 1,6 Euro per il diesel nella modalità di rifornimento self-service, oggi i tabelloni indicano un nuovo avvicinamento alla stratosferica soglia dei 2 Euro al litro. E nella modalità servito, invece, si arriva a superarla.
Ma chi ci guadagna dai continui aumenti? Ovviamente non il consumatore, spesso impossibilitato a scegliere alternative di trasporto più economiche e dunque costretto a sacrificare altri beni e servizi – o a ridurli – per continuare a rifornire il proprio mezzo del carburante necessario a coprire i tragitti dall’abitazione ai luoghi di lavoro; allora forse il distributore? Ebbene, la risposta non è scontata.
Partiamo da un dato: lo stipendio medio di un benzinaio in Italia oscilla oggi tra gli 870 Euro (ovvero poco sopra la soglia di povertà) ed i 1.250 Euro al mese; accumulando esperienza, si può arrivare fino ad un massimo di 1.570 Euro circa. Per il proprietario dell’impianto di distribuzione, invece, considerando tutti i parametri ed i rapporti tra guadagni e costi di attività, su 50 Euro percepiti ne restano “in tasca” 5, ovvero il 10% di ciò che paga la clientela.
Passiamo ad un altro dato: qual è il Paese al mondo con le tasse più pesanti sul carburante per ogni litro? Ebbene, è proprio l’Italia. Tra queste, oltre all’IVA rientrano anche le famigerate accise: quelle in vigore attualmente sono 19, tra cui alcune risalenti a quasi un secolo fa, come la copertura per la Guerra d’Etiopia tra il 1935 e 1936; ma anche la copertura per la crisi di Suez del ’56, per il disastro del Vajont del ’63, fino ad arrivare a fine secolo con la guerra in Bosnia del ’95 – ’96 ed entrare nel nuovo millennio con il decreto “Salva Italia” del 2011.
Sul carburante, quindi, la somma di IVA ed accise pesa sul prezzo finale per il 58,2% se consideriamo la benzina e per il 51,1% se consideriamo il gasolio, stando agli ultimi dati forniti dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. In altre parole, oltre la metà del prezzo di ogni litro di benzina e di gasolio serve a coprire le tasse e dunque va allo Stato italiano.
E se al 2018, secondo i dati forniti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, il guadagno per lo Stato ammontava a 29,3 miliardi di Euro, nel 2022 è aumentato a 31,6. E negli altri Paesi? Ebbene, ad oggi che scriviamo il prezzo medio al litro in Spagna ed in Francia è inferiore di circa 20 centesimi rispetto a quello in Italia, mentre in Austria, Albania, Slovenia, Bulgaria e Romania è inferiore di circa 40 centesimi.
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