Un gruppo di scienziati ha appena fatto una scoperta sensazionale, trovando dei microorganismi sulle Alpi che potrebbero salvare il pianeta.
Il mondo, sia a livello macroscopico sia a livello microscopico, continua a riservare sorprese agli scienziati che hanno la spinta ad andare sempre un po’ più avanti e sempre un po’ più in profondità. E ne è un esempio ciò che hanno scoperto gli esperti svizzeri dell’Istituto WSL, i quali hanno lavorato contemporaneamente sia sulle Alpi svizzere sia nelle isole Svalbard e in Groenlandia, per scoprire qualcosa sul comportamento e la sopravvivenza di una serie di esseri minuscoli.
Gli esseri minuscoli in questione sono alcuni ceppi di microrganismi. Nello specifico si tratta di alcuni batteri e alcuni funghi che hanno dimostrato un sorprendente metodo di adattamento e questo loro metodo di adattamento potrebbe anche avere ripercussioni positive su uno dei problemi più importanti della contemporaneità.
Perché se si riuscisse a canalizzare ciò che queste minuscole creature riescono a fare in natura si potrebbe arrivare effettivamente ad un passo avanti importante nella lotta contro l’inquinamento e nello specifico nella lotta contro l’inquinamento da plastica, una delle sostanze che rischiano di soffocare il pianeta.
Sulle Alpi i microrganismi che mangiano la plastica
L’intuizione che anche in ambiente alpino e nel freddo della Groenlandia e delle Svalbard alcuni microrganismi potessero effettuare opera di smaltimento della plastica biodegradabile viene in realtà da una realtà che esiste e che è ampiamente sfruttata. Nello smaltimento della plastica biodegradabile, a temperatura ambiente e non nel freddo polare, intervengono proprio i microrganismi che disgregano la materia di cui la plastica biodegradabile è composta.
E riuscire ad avere un sistema di smaltimento della plastica biodegradabile efficiente è uno dei nuovi obiettivi dell’industria in generale. Dovendo rinunciare alla plastica tradizionale a causa del suo impatto ambientale, infatti, sono sempre di più le industrie produttrici che stanno trovando mezzi alternativi a partire dal materiale naturale. Ma lo smaltimento anche di questi oggetti composti sostanzialmente da fibre vegetali non è del tutto efficiente.
Soprattutto si tratta di uno smaltimento che, dovendo tenere i microrganismi a una certa temperatura, ha un certo costo anche in termini di utilizzo dell’energia. La scoperta, pubblicata in Frontieres in Microbiology, permette invece di aprire un percorso nuovo e diverso nella gestione proprio dello smaltimento della plastica biodegradabile.
I microrganismi rintracciati sulle Alpi e nelle isole Svalbard sono infatti in grado di decomporre la materia plastica compostabile a una temperatura molto inferiore rispetto ai 30 gradi richiesti solitamente. I 19 ceppi di batteri e i 15 ceppi di funghi che sono stati ritrovati a pasteggiare su alcuni oggetti in plastica biodegradabile intenzionalmente lasciati in luoghi specifici hanno dimostrato di poter sopravvivere tranquillamente e lavorare a 15 gradi.
Le potenzialità di questa scoperta le sottolinea bene il dottor Joel Rüthi, guest scientist proprio dell’Istituto WSL, che ha partecipato al lavoro: “Questi organismi potrebbero aiutare a ridurre i costi e il peso ambientale del processo di riciclo enzimatico della plastica“.