Massima attenzione all’Indennità di disoccupazione, in alcuni specifici casi può essere tolta. Cosa bisogna sapere.
Quando si inizia a ricevere la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, meglio nota come NASpI, non bisogna pensare che da quel momento in poi non bisognerà più preoccuparsi del rischio di perderla. Questo tipo di indennità mensile di disoccupazione infatti è vincolata ad una serie di specifiche regole che non fanno capo esclusivamente ai requisiti per potervi accedere ma anche a quelli per non ritrovarsi nelle condizioni di non poterla più ricevere.
Vi sono infatti specifici casi nei quali tale indennità potrebbe essere sospesa e addirittura l’Inps potrebbe avanzare richiesta di restituzione di quanto già corrisposto. Entriamo nel merito di tali situazioni per conoscerle meglio.
NASpI, quando può essere bloccata e sospesa: i dettagli da conoscere
Ricordiamo che l’istituzione della NASpI risale al 2015 con apposito decreto legislativo e che viene erogata solo a fronte di specifica domanda da parte dell’interessato. Si tratta nello specifico di lavoratori con rapporto lavorativo subordinato che involontariamente hanno perso l’occupazione. Dell’indennità possono godere anche operai agricoli a tempo indeterminato dipendenti da cooperative e consorzi che si occupano di manipolazione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli e zootecnici. Ed ancora ne possono beneficiare anche gli apprendisti nonché i dipendenti delle PA a tempo determinato.
Tra gli esclusi troviamo invece chi ha i requisiti per la pensione anticipata o di vecchiaia ed i titolari di assegno ordinario di invalidità. Dalla prestazione si può però decadere.
Come confermato dalla Cassazione, con pronuncia ad aprile 2024 ad esempio, l’omessa comunicazione dello svolgimento di attività di lavoro autonomo con reddito derivante all’Inps, mentre si gode del trattamento di disoccupazione, potrebbe portare al suo decadimento.
La decisione è arrivata dopo che l’Inps ha proposto il ricorso in Cassazione alla domanda, accolta con pronuncia di primo grado, di un cittadino che chiedeva che la NASpI venisse erogata ugualmente.
L’Inps infatti gliel’aveva rifiutata perchè l’uomo non aveva comunicato il reddito percepito da attività di lavoro autonomo, entro i trenta giorni dalla data della domanda. Di fatto il ricorso dell’Inps è stato accolto e la domanda del percettore della NASpI è stata rigettata.
La Suprema Corte ha dunque specificato che proprio nella mancata comunicazione entro i tempi previsti della situazione lavorativa risiede l’elemento che porta alla sospensione del godimento del trattamento di disoccupazione. Affermando che anche nei casi di attività di lavoro autonomo che preesiste alla domanda di disoccupazione si rischia, in caso di omessa comunicazione, la decadenza dell’indennità.