La pensione di reversibilità si perde quando i coniugi si sono separati o divorziati? Ecco cosa dice la legge sull’indennità.
La pensione di reversibilità è un’indennità economica fornita dall’Inps agli eredi dei sopravvissuti di un pensionato o lavoratore defunto, indipendentemente sia lavoratore dipendente o autonomo. Non ha vincoli di reddito Irpef e i beneficiari percepiscono il beneficio alla morte del coniuge o genitore, dopo la presentazione di una richiesta. I figli la percepiscono quando sono a carico per diverse ragioni.
Ma cosa succede se il defunto era separato o divorziato dal coniuge e improvvisamente muore? Il coniuge separato o divorziato ha diritto al percepimento della pensione di reversibilità. In questo caso, la legge è chiara e stabilisce i diritti e doveri anche del coniuge divorziato e separato. Secondo la stessa legge infatti, in caso di sopraggiunta morte, un coniuge deve mantenere l’altro.
Come detto, la pensione di reversibilità è un beneficio che percepiscono i superstiti di un erede defunto e ciò non ha limiti di reddito. L’indennità è percepita dall’INPS previa richiesta da parte della moglie (o marito) o dei figli minorenni, inabili al lavoro o maggiorenni a carico della persona scomparsa.
A differenza di quanto si pensi la pensione di reversibilità spetta anche al coniuge separato o divorziato, anche se ci sono delle regole da seguire. Ad esempio, non si ha più diritto a ricevere l’indennità se la ex moglie o ex marito contrae nuove nozze. Inoltre bisogna essere titolari dell’assegno divorzile e il rapporto assicurativo del defunto preceda la sentenza di divorzio. Per anni la questione è stata oggetto di sentenze da parte dei giudici, che hanno man mano contribuito a definire i requisiti per accedere alla pensione di reversibilità.
La giurisprudenza ha contribuito a definire la regola generale. Secondo la legge, infatti sarebbe spettata al coniuge superstite o chi ha contratto unione civile (come al separato e divorziato), l’indennità dall’INPS o la pensione indiretta, solo nel caso in cui, il morto non aveva raggiunto i requisiti per accedere alla pensione, ma aveva comunque maturato almeno 15 anni di contributi da lavoro retribuito.
La circolare INPS numero 19/2022 ha invertito la rotta e ha riconosciuto la pensione anche al coniuge separato con addebito e senza diritto agli alimenti. Le ripartizioni sono che all’ex coniuge spetta il 60% dell’indennità, che con un figlio sale all’80%, mentre con più figli al 100%.
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