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Perché le Alpi Apuane si chiamano Alpi?

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Gabriella Feronia

“Trenta giorni ha novembre con april, giugno e settembre, di 28 ce n’è uno, tutti gli altri ne han 31”. Alzi la mano chi, a distanza di anni e anni dalla fine delle scuole elementari, ancora utilizzi la celebre filastrocca per raccapezzarsi con i giorni dei mesi. Gli appassionati di montagna sapranno per certo che esiste un’altra filastrocca, altrettanto indimenticabile, nata per ricordare la suddivisione delle Alpi. “Ma con gran pena le reca giù”, acrostico di Alpi Marittime, Cozie, Graie, Pennine, Lepontine, Retiche, Carniche e Giulie. Un momento, e le Alpi Apuane dove le mettiamo?

Le Alpi Apuane sono Alpi?

Le Alpi Apuane si presentano come un massiccio montuoso particolarmente suggestivo situato nel nord-ovest della Toscana. La morfologia aspra, caratterizzata da valli profonde, versanti con alta pendenza, cime ricche in guglie e torrioni, ricorda un po’ quella delle Dolomiti. Ma c’è qualche parentela? Dispiace dirlo ma no, le Alpi Apuane non sono Alpi. E allora perché si chiamano così?

Immagine | Pixabay @Gianluca – Gentechevainmontagna.it

Si tratta di un complesso orografico che fa parte dell’Appennino settentrionale. La catena alpina termina infatti in corrispondenza del Colle di Cadibona o Bocchetta di Altare, un valico posizionato a quota 459 metri in provincia di Savona, che per convenzione viene considerato spartiacque tra Alpi e Appennini, per la precisione tra Alpi liguri e Appennino ligure. La storia geologica delle Apuane risulta estremamente complessa a chi sia poco esperto di geologia, ma accontentiamoci di sapere che la loro orogenesi, ovvero il processo di formazione, abbia preso il via, come per le Alpi propriamente dette, dall’avvicinamento e successivo scontro tra il paleo-continente africano (microplacca Adria) e quello europeo. Una collisione che, circa 30 milioni di anni fa, portò alla scomparsa dell’oceano Tetide, con subduzione della crosta oceanica sotto quella continentale.

Una lunga storia di traslazioni e deformazioni di rocce di varia origine e natura, di compressioni, distensioni, scomparsa di bracci di mare, formazione di nuovi mari, terremoti, sprofondamenti, emersioni. Un bel periodo turbolento nella storia della Terra, durante il quale hanno avuto origine prima le Alpi, poi l’Appennino settentrionale e infine il resto della catena appenninica. Periodo che tra l’altro non possiamo considerare concluso, e ce lo ricordano bene i terremoti che ogni tanto scuotono la nostra Penisola.

Se le Apuane si chiamano Alpi è proprio perché, pur essendo geograficamente collocate in zona appenninica, alle Alpi somigliano decisamente tanto. È davvero impossibile non distinguere questa catena, che corre parallela al mare, estendendosi da nord verso sud e coprendo una superficie di circa 2100 chilometri quadrati, dalle vette appenniniche limitrofe, caratterizzate da cime più morbide, più arrotondate. Le Apuane, con il loro profilo aguzzo, danno l’impressione di essere esplose verso il cielo. Nell’arco di pochi chilometri, dalla pianura costiera della Versilia, si innalzano fino a sfiorare i 2.000 metri di quota (la cima più alta è rappresentata dal Monte Pisanino, che tocca i 1.947 metri).

La loro posizione e la particolare conformazione, hanno portato nel corso dei millenni allo sviluppo di ambienti variegati. Potremmo definirle come un vero gioiello, non solo dal punto di vista della biodiversità, ma anche della geologia. Nel 2001 è stata avviata la procedura per il loro riconoscimento come Geoparco, obiettivo raggiunto nel 2015. A renderle geologicamente celebri in tutto il mondo sono in primo luogo le cave di marmo. Ma il marmo non è l’unica chicca geologica delle Apuane, che tra valli e cime celano grotte e abissi, frutto di erosione carsica. E non parliamo di qualche grotticella ma di un vero e proprio labirinto sotterraneo. In totale si contano quasi 1000 cavità, 17 delle quali rientrano nella top 50 delle grotte più profonde d’Italia e 8 nella top 50 delle più estese.

Un sistema carsico di particolare rilievo è rappresentato dall’Antro della Corchia, sull’omonimo monte (Monte Corchia, 1.676 m), che presenta uno sviluppo di oltre 70 km di condotti sotterranei e oltre 1.200 metri di dislivello. E il carsismo ha lasciato e lascia le sue tracce anche in superficie, come karren e canyon, in maniera meno diffusa doline e campi carreggiati. Un particolare esempio di dissoluzione epigea è rappresentato dal Monte Forato, vetta caratterizzata dalla presenza di due cime, rispettivamente alte 1.123 m (cima meridionale) e 1.209 m (cima settentrionale), collegate tra loro da un ampio arco di roccia. Un bel buco di quasi 30 metri di larghezza, da cui è possibile ammirare albe e tramonti su Versilia e Garfagnana, originato per effetto di venti e precipitazioni che hanno eroso nel tempo la roccia calcarea.

Per secoli il loro nome non è stato Alpi Apuane ma “Panie”, termine che deriverebbe da una radica forse gallica, *pen, con il significato di  cima, monte. Denominazione che oggi rimane associata a un gruppo montuoso della catena apuana. Le cose cambiarono nel 1797 con la fondazione della Repubblica cisalpina, territorio libero e indipendente dalla Repubblica francese, che si componeva di 11 dipartimenti, tra cui il dipartimento delle Alpi Apuane.

Il termine Alpi rimanda per l’appunto alla conformazione particolare di questo tratto di Appennino, che risultava all’epoca particolarmente insidioso per gli scalatori. In una delle prime adunate del Club Alpino Italiano, Felice Giordano, promotore insieme al fondatore del CAI Quintino Sella della Carta geologica d’Italia, dichiarò che “il nome di Alpi sta bene invero a questa giogaia che proietta nel cielo un profilo scabro, straziato e irto di picchi alti”.

Ma perché “apuane”? Anche qui la spiegazione è abbastanza semplice. Gli Apuani erano una popolazione ligure dell’Italia preromana. Dei pastori-guerrieri che vivevano in insediamenti sparsi, realizzati in quota per potersi meglio difendere in caso di aggressioni, nei territori delle attuali Val di Magra, Val di Vara, Lunigiana, Garfagnana, Alta Versilia e montagne pistoiesi.

La leggenda delle Alpi Apuane

Se questa spiegazione vi ha un po’ delusi, affidatevi al potere consolante della leggenda. Si narra che in fase di Creazione del mondo, Dio avesse incaricato due Arcangeli di erigere le due principali catene montuose della nostra Penisola: le Alpi e gli Appennini. Fornì pertanto loro i materiali da costruzione per realizzare le loro creazioni: marmo, calcare, gesso, quarzo, granito, argilla. L’Arcangelo addetto alle Alpi si dilettò nella creazione di pareti verticali, guglie, torrioni, cime alte e ardite.

Immagine | Unsplash @Willian Matiola – Gentechevainmontagna.it

Di contro, l’Arcangelo addetto agli Appennini, si concentrò su linee più armoniose, vette più basse dai contorni dolci. L’arco alpino fu ultimato per primo. Intanto gli Appennini prendevano forma dal basso verso l’alto. Nel momento in cui si rese conto di aver finito la sua opera, l’Arcangelo delle Alpi vide che il collega ancora era intento a creare cime in zona toscana. Restava un’area da colmare per far sì che la sua catena montuosa si ricongiungesse con le Alpi liguri, ma aveva fatto male i conti con il materiale, che iniziava a scarseggiare. L’unico elemento che ancora abbondava era il marmo.

Su suggerimento del compagno alpino, interruppe i suoi lavori dal basso e salì in Liguria, per realizzare il congiungimento tra Alpi e Appennino ligure, e quindi scendere verso il basso, cercando di far bastare il materiale per colmare il vuoto rimasto nel mezzo della catena. E mentre era intento in tale opera, il collega delle Alpi pensò bene di dargli una mano, sfruttando quel mucchio di marmo avanzato per dare forma a delle vette proprie del suo genere, aguzze, aspre e lucenti. Nacquero così le Alpi Apuane.

Una bella sorpresa non trovate? Diciamo che l’Arcangelo d’Appennino non si mostrò propriamente felice dell’aiuto offerto, temendo l’ira del Signore. Come andò a finire? Dio, di fronte a quella creazione effettivamente un po’ fuori luogo, rimase interdetto, ma resosi conto delle buone intenzioni dell’Arcangelo delle Alpi, mosso dalla voglia di aiutare un amico, non punì nessuno. Fece solo una richiesta ai due: di ricoprire quelle vette di marmo con del verde, boschi e pascoli, così che l’uomo non le scoprisse con facilità.

Gabriella Feronia

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