L’inverno si avvicina. Ad annunciarlo sono le prime nevicate di stagione che finalmente hanno ricoperto le quote più alte di Alpi e Appennini. Così come le temperature sempre più frizzantine che segnalano la necessità di darci una mossa nell’effettuare il cambio di stagione negli armadi. A raccontare in termini cromatici l’avanzare dell’autunno sono le foglie degli alberi. Il foliage autunnale, con la sua miriade di sfumature, sta lasciando il posto a un generale ingiallimento delle foglie che ancora resistono sui rami, in attesa che vento o pioggia facilitino la rottura del picciolo che ancora le mantiene adese alla pianta madre. I boschi, chi più chi meno, appaiono progressivamente più spogli. A dominare il paesaggio forestale, tra poche settimane, saranno le sfumature brune del legno e le tonalità di verde di quegli alberi che sembrano non percepire l’arrivo imminente della stagione più rigida dell’anno. Ma quali sono nel dettaglio le specie che non perdono le foglie?
Il mondo delle sempreverdi
L’autunno è la stagione che consente di apprezzare maggiormente quanto i boschi italiani siano variegati. Su una medesima montagna non esiste un bosco che sia identico al suo vicino (a meno che non si tratti di piantagioni…). A seconda dell’altitudine, dell’esposizione, delle pendenze e di tutta una serie di fattori legati alle tipologie di suolo, di clima, ma anche al grado di influenza da parte dell’uomo su un determinato territorio, i boschi si presentano come un mix di specie, un minestrone di alberi, cespugli ed erbe. Vi sono casi in cui la specie arborea dominante è solo una, in tal caso si parla di boschi monospecifici (ne sono esempi le faggete o le pinete) ma nella maggioranza dei casi i boschi naturali o rinaturalizzati risultano ricchi in biodiversità vegetale, arborea e/o arbustiva.
Prendendo come riferimento gli alberi, pensate che secondo le stime le foreste italiane accolgono oltre un centinaio di specie. Tra queste si possono distinguere due tipologie di piante: le caducifoglie e le sempreverdi. Il nome dice già tutto. Le caducifoglie perdono le foglie in funzione delle stagioni, contribuendo allo sviluppo del tanto amato fall foliage. Le sempreverdi non le perdono. O meglio, non le perdono annualmente ma, fidatevi, a discapito di quel “sempre” che può trarre in inganno, nel corso del loro ciclo vitale le perdono. E ne emettono di nuove. Limitiamoci a dire che siano indifferenti all’autunno, dunque che il ricambio del fogliame (non tutto in una volta!) può avvenire in qualsiasi momento dell’anno.
Caducifoglie e sempreverdi sono due termini che non vanno interpretati erroneamente come sinonimi di latifoglie e conifere. Una idea sbagliata che si tende a sviluppare soprattutto da bambini (complice forse l’albero di Natale), è che a perdere il fogliame in autunno siano solo le specie dotate di foglie, come le intendiamo in gergo comune, quelle belle larghe. E che al contrario, le specie dotate di aghi (che sono comunque foglie!) li conservino durante l’inverno. No. Sia nel mondo delle conifere che delle latifoglie troviamo specie caducifoglie e sempreverdi. E tra l’altro, come vedremo a breve, non tutte le conifere sono dotate di aghi.
Alla base del diverso comportamento tra chi perde il fogliame in autunno e chi no, vi è una differente scelta di quale strategia adottare per superare l’ostile stagione invernale. Ciascuna specie ha evolutivamente sviluppato degli adattamenti vantaggiosi per sopravvivere senza troppi sprechi di energia al freddo dell’inverno. Le caducifoglie fanno che perdere le componenti fragili e suscettibili al gelo, per l’appunto le foglie, e come conseguenza smettono di svolgere la fotosintesi fino a primavera, quando si avrà la comparsa di nuovo fogliame. Vogliamo dire che vadano in letargo? E diciamolo inter nos (chiediamo intanto perdono ai botanici).
Le sempreverdi presentano invece dei meccanismi alternativi: hanno foglie più dure, dalle forme più assottigliate se non aghiformi e talvolta dotate di rivestimenti cerosi che le rendono impermeabili. Possono dunque continuare a svolgere un po’ di fotosintesi nonostante la ridotta luce dei giorni invernali, assicurando il trasporto di nuovi nutrienti ai tessuti che compongono la pianta.
Chi NON perde le foglie in autunno?
A questo punto arriviamo alla domanda chiave: quali sono gli alberi caratteristici dei boschi italiani che non perdono le foglie in autunno? Partiamo dalle conifere. In Italia, come nel resto d’Europa, abbiamo una sola conifera caducifoglie: il larice, le cui foglie aghiformi appaiono di un color verde chiaro in primavera ed estate per poi ingiallire e cadere in autunno. Se avete notato in questo periodo dei boschi di larice ingialliti, non preoccupatevi, non si tratta di una malattia.
Risultano al contrario sempreverdi tutte le altre specie dotate di aghi. Le più note (quelle che siamo anche più bravi generalmente a riconoscere) sono pini e abeti. Plurale obbligatorio in quanto nei boschi italiani troviamo molteplici specie di pino e abete, per citarne alcuni abete rosso, abete bianco, pino nero, pino silvestre, pino mugo, pino cembro.
Altra conifera aghiforme nota ai più, e particolarmente apprezzata dai non astemi, è il ginepro, che si incontra generalmente con portamento arbustivo. Anche qui toccherebbe usare il plurale: ginepri di montagna, in quanto le specie sono più di una. Basti pensare al colore delle bacche, avete notato che in alcuni casi siano brune e in altri rosse? Abbiamo poi i cedri – badate bene, quelli dotati di aghi e che producono pigne, da non confondere con le omonime piante da frutto! – e i tassi, che risultano facilmente riconoscibili per la presenza di bacche (arilli) di colore rosso. Tra le conifere sempreverdi c’è anche chi non ha propriamente le foglie aghiformi ma “squamiformi”: sono i cipressi.
Passiamo alle latifoglie, che come si evince dal nome, presentano foglie più ampie rispetto alle conifere. Quali sono le specie più diffuse nelle nostre foreste che non partecipano attivamente allo spettacolo policromatico del fall foliage? Troviamo alcune specie di querce, in particolare il leccio, che in Italia è ampiamente distribuito lungo gli Appennini fino alle Prealpi; la sughera che invece si ritrova in boschi costieri lungo lo Stivale e sulle isole; e la quercia spinosa, presente in Italia in maniera molto limitata e solo sulle isole e lungo le coste calabro-pugliesi, dove si può facilmente confondere con il leccio.
Altra latifoglia che conserva le foglie in inverno, e anzi appare alquanto attiva nella stagione più dura dell’anno, è il corbezzolo, che si incontra generalmente con portamento arbustivo. Nel periodo in cui le caducifoglie si spogliano, il corbezzolo dà il meglio di sé producendo fiori e frutti. I frutti sono edibili, anche decisamente buoni, e somigliano a delle ciliegie dalla superficie granulosa.
Ulteriori latifoglie sempreverdi che possono osservarsi in bosco con portamento sia arbustivo che arboreo sono l’alloro e il mirto. Entrambi si caratterizzano per la presenza di foglie che, se spezzate, emanano un odore forte e inconfondibile (e buono). Come ben sanno gli appassionati di cucina, le foglie dell’alloro risultano ottime per insaporire primi, secondi, contorni, sughi e salse, ma anche come ingrediente di decotti. Il mirto è apprezzato per le sue bacche violacee che, al pari dell’alloro, risultano perfette per insaporire piatti (in particolare a base di carne), nonché per preparare marmellate e salse. Ma non solo. In Sardegna vengono infatti utilizzate per la produzione di un liquore tradizionale, detto proprio mirto.