Il 17 settembre del 1993 approdava nei cinema italiani un film destinato a conquistare grandi e piccini: Jurassic Park. Trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo fantascientifico di Michael Crichton, il capolavoro diretto da Steven Spielberg racconta di un progetto molto particolare realizzato su un’isola tropicale: un parco tematico abitato da dinosauri. Non di pezza ma veri, prodotti mediante clonazione a partire da DNA estratto dal sangue custodito all’interno di antiche zanzare conservate nell’ambra. Un film in grado di stimolare riflessioni e domande, tra cui la seguente: e se esistesse davvero un’isola remota abitata dai dinosauri? Un quesito solo apparentemente ingenuo. Pensate che nel 1884 la celebre Royal Geographical Society sponsorizzò una spedizione volta a esplorare una montagna su cui si riteneva potessero essere presenti dei dinosauri: il monte Roraima.
Il monte Roraima è una vetta molto particolare del Sud America, situata al confine tra Venezuela, Brasile e Guyana, all’interno del Parco Nazionale di Canaima, Patrimonio Unesco dal 1994. Si tratta di un Tepui (o Tepuy), ovvero una montagna a cima piatta che si innalza per circa 2.800 metri all’interno di un altopiano, nello specifico la Gran Sabana. In lingua Pemon “Tepui” significa “casa degli dei” e basta uno sguardo a qualche immagine di Roraima per rendersi conto di quanto questa definizione sia appropriata per una vetta spesso avvolta da un soffice mare di nubi.
In termini geologici i Tepui della Gran Sabana sono vette originatesi per effetto di erosione fluviale nell’arco di 200 milioni di anni, a partire da un vastissimo antico altopiano. Il nome completo della montagna, Roraima Tepui, significa grande (“Ma”) casa degli spiriti (“Tepui”) di colore verde azzurro (“Roroi”), con riferimento alla ricchezza di vegetazione della zona.
Per gli indigeni Pemon, l’origine della montagna è avvolta dalla leggenda. Altro che erosione! Si tramanda che laddove oggi sorge Roraima vi fosse un tempo un paradiso terrestre, ricco di corsi di acqua. Vi nacque un giorno un banano e il Dio creatore vietò agli abitanti di toccarne il frutto. Ma qualcuno osò farlo. A seguito del furto di un casco di banane, la natura sembrò reagire. Il terreno iniziò a muoversi e, tra animali e uomini in fuga, si assisté all’emergere del Tepui. I torrenti furono portati in alto da questo sollevamento ed ecco perché ancora oggi dalla cima sgorgano corsi d’acqua, detti dagli indios “lacrime di Dio”.
All’interno della Gran Sabana si contano oltre 100 Tepui, isolati gli uni dagli altri, piccoli grandi mondi a sé, a lungo rimasti inesplorati per la loro inaccessibilità, dovuta alla presenza di pareti verticali alte alcune centinaia di metri. Quello di Roraima risulta tra i primi esplorati (nel tardo Ottocento) e si caratterizza per delle scogliere alte anche 400 metri che si innalzano su tutti i lati. La cima possiamo immaginarla come un plateau che si estende per 31 chilometri quadrati, pianeggiante non perfettamente piatta. Il punto più alto in assoluto del rilievo è il cosiddetto “Maverick rock”, in corrispondenza del quale si toccano i 2.810 metri di quota.
Alla base di questo paradiso di roccia si estende la foresta pluviale. L’isolamento geografico e il clima hanno favorito lo sviluppo di una biodiversità peculiare. Nel corso di oltre un secolo, sull’isola di roccia sono state identificate centinaia di specie animali e vegetali che risultano presenti solo e soltanto a Roraima. E sicuramente ve ne sono ancora tante da scoprire. La foresta pluviale sempreverde che circonda la base del Tepui è caratterizzata dalla presenza di alberi alti fino a 40 metri, anche di più. Salendo, lungo le scogliere, il terreno diventa più sabbioso, il clima più fresco e gli alti alberi cedono il posto ad arbusti e specie erbacee. Molto interessante è la presenza di piante carnivore.
Sul fronte faunistico, ai piedi della montagna vivono numerosi mammiferi caratteristici dell’ambiente amazzonico, quali tapiri, bradipi, armadilli, opossum, capibara, formichieri, cervi, puma, scimmie. Numerose sono le specie di uccelli, tra cui pappagalli, gufi e anche colibrì. Non mancano rettili e anfibi, che si trovano sia nella foresta che salendo in quota. E molto interessante è notare un differenziamento delle specie sulla base dell’altitudine. Abbondano poi gli insetti. In questa lista è evidente che non compaiano i dinosauri, ma allora perché stiamo parlando di Roraima in occasione del 30° anno di vita di Jurassic Park?
Un legame tra questa montagna, avvolta da nubi e leggende, e il mitico Jurassic Park esiste. Vediamo qual è. Dicevamo che a lungo, come tutti i Tepui, anche Roraima è rimasta inesplorata. Gli Europei si accorsero della sua presenza nel 1595, nel periodo del colonialismo spagnolo e britannico in Sud America. Ma la prima spedizione esplorativa avvenne soltanto nel 1838. Si trattò di una semplice osservazione da vicino. All’epoca non si riusciva infatti a capire come potervi salire, date le inaccessibili scogliere. Successive spedizioni portarono a valutare ipotesi alternative, quali l’utilizzo della mongolfiera. Nel 1884 finalmente qualcuno riuscì a raggiungere la vetta, scalando con l’ausilio di corde e scale.
Si trattava di Sir Everard im Thurn e Harry Perkins. Il primo era un botanico ed esploratore sponsorizzato dalla Royal Geographical Society con il compito di analizzare fauna e flora locali. L’inaccessibilità di Roraima aveva fatto sviluppare l’idea che si trattasse di un mondo così isolato da non escludere che vi si fossero preservate specie ormai estinte altrove, come i dinosauri. Im Thurn riportò con sé pochi campioni, dopotutto già la salita di per sé fu una grande impresa. Diede però il La a una serie di nuove spedizioni che portarono a raccogliere sempre maggiori informazioni sulla natura di quel luogo remoto. Dei dinosauri nessuna traccia.
Nel 1989 l’esploratore tedesco Uwe George, impegnato in una spedizione per conto della National Geographic Society, scrisse alcune righe molto interessanti, confermando l’assenza di prove dell’esistenza dei antiche creature o loro resti, ma senza escluderne del tutto la presenza. “Nessuno di noi che ha seguito le orme di Im Thurn sul Roraima ha trovato creature primordiali o loro resti fossili lì, ma il terreno è così difficile che solo una parte del tepui, di 44 miglia quadrate, è stata finora esplorato.”
Nel 1912, ispirato dalla storia di Sir Im Thurn, lo scrittore e drammaturgo scozzese Sir Arthur Conan Doyle scrisse un romanzo, intitolato “Il mondo perduto”. Ambientato a Roraima, è il racconto di un gruppo di esploratori che, giunti in cima, trovano di fronte a sé un mondo rimasto fermo nel tempo, alla Preistoria. Quest’opera è stata a sua volta di ispirazione per lo scrittore statunitense Michael Crichton, autore di “Jurassic Park” e “Il mondo perduto”, trasformati in film dal regista Steven Spielberg.
Se vi state chiedendo quanto sia oggi inaccessibile Roraima, la risposta è “non come un tempo”. La vetta è meta di escursionisti, la maggioranza dei quali sale dal versante venezuelano. Si parte dal villaggio di Paraitepuy per raggiungere in un primo giorno di cammino la base della montagna. Per salire in cima serve un altro giorno di trekking lungo il sentiero che percorre il versante sud-ovest, che non richiede particolari equipaggiamento o preparazione. Per la discesa bisogna mettere in conto altri due giorni.
Dalla Guyana l’accesso alla vetta risulta più avventuroso (e rischioso). Il consiglio è in ogni caso di fare affidamento alle guide locali. Il periodo migliore? Nella stagione secca, che secca non è. La pioggia è infatti una costante praticamente quotidiana a Roraima, ma da dicembre ad aprile piove meno.
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