Tra una crisi climatica e l’altra – dalla siccità con temperature ben al di sopra della media alle alluvioni e alle mareggiate fino agli equilibri geopolitici che limitano i movimenti delle merci tra i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo – i supermercati si trovano a dover affrontare una nuova sfida dovuta al collasso della catena di approvvigionamento, con alcuni prodotti le cui scorte si esauriscono molto più velocemente del previsto.
E l’agricoltura dei paesi rivieraschi, settore primario in qualunque angolo del mondo, è fortemente provata da un’instabilità climatica e tensioni geopolitiche, con il risultato finale di influenzare la disponibilità di alcuni prodotti alimentari. Non basterà sostituirli con altri, perché alcune specialità sono strettamente legate ad un territorio ben preciso, che conferisce tratti riconoscibilissimi all’identità di un determinato prodotto e ne definisce la qualità.
Addio olio extravergine d’oliva: prezzi alle stelle e scorte in esaurimento
La situazione del mercato dell’olio extravergine d’oliva sta destando preoccupazione in Italia e in altre importanti nazioni produttrici come Spagna e Grecia, secondo quanto evidenziato dall’Osservatorio di Certified Origins di Grosseto. La persistente incertezza del mercato, in costante mutamento, la scarsità di riserve e raccolti limitati indicano che la produzione, sia a livello nazionale che globale, potrebbe non essere adeguata per soddisfare le richieste di tutti i mercati nel corso del 2024.
In Italia, la produzione olivicola attesa è inferiore alle 300mila tonnellate, sebbene in crescita del 23% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, le stime attuali – sulla base delle ultime raccolte – indicano una produzione di soli 190mila tonnellate, con un calo significativo rispetto alle previsioni iniziali. La corsa agli acquisti ha spinto i prezzi dell’olio extravergine d’oliva oltre i 9,30 euro al kg, con impatti evidenti anche in altre nazioni mediterranee.
Nelle regioni centro-meridionali della Penisola, epicentro della produzione nazionale, le attuali condizioni evidenziano che, soprattutto in Puglia, la raccolta si attiene alle previsioni di qualità. Analogamente, in Sicilia, le stime relative alla produzione media e alla qualità sono confermate. In Calabria, Toscana e Lazio, invece, emerge una tendenza alla diminuzione, sia in quantità che in qualità, rispetto agli anni precedenti.
Crolla la raccolta di olive anche negli altri paesi del Mediterraneo
In Spagna, il primo produttore mondiale di olio d’oliva per volumi, le condizioni climatiche favorevoli dell’annata avevano inizialmente lasciato presagire un modesto aumento nella produzione di quest’anno. Tuttavia, il risultato è ancora inferiore alla media degli ultimi quattro anni, con un calo del 38%. Così, la carenza di scorte e una seconda raccolta consecutiva al di sotto della media stanno influenzando il prezzo a livello globale, aumentando la domanda di olio extravergine d’oliva italiano e spingendo altre regioni mediterranee a tentare di incrementare le esportazioni. Senza però che la loro produzione interna sia in grado di sostenere la nuova domanda.
Anche la Grecia registra un calo significativo nella produzione di quest’anno, stimato intorno al 40%, dovuto alla combinazione di una fase di riposo degli olivi e condizioni meteorologiche estreme, registrando un – 28% rispetto alla media degli ultimi quattro anni. Instabilità anche sul fronte sud del versante Mediterraneo: Tunisia, Marocco e Turchia danno stime profondamente differenti e altalenanti. I produttori tunisini hanno sfruttato le tanto attese piogge autunnali e ottenuto rendimenti migliori grazie a nuovi investimenti in frantoi e tecnologie.
La stima è di un raccolto di circa 200mila tonnellate (+22%). Anche in Marocco previsioni positive, con +10% rappresentato da una raccolta di 171mila tonnellate. A fronte degli attuali prezzi elevati dell’olio d’oliva, i produttori marocchini indirizzeranno parte delle olive – solitamente destinate all’olio da tavola – ai frantoi, aumentando così la produzione. Diversa la situazione della Turchia. Il Paese, infatti, fa i conti con un trend negativo a causa del precedente raccolto eccezionale, di una primavera insolitamente piovosa e fredda e del grave terremoto dello scorso febbraio che ha danneggiato l’intero settore agroalimentare. Di conseguenza, la produzione turca non dovrebbe superare le 180mila tonnellate, registrando un significativo calo del 57% rispetto al 2022/2023.
Per Giovanni Quaratesi, Head of Corporate Global Affairs di Certified Origins: “Il mercato riserva ancora diverse incognite, tra cui le richieste dei consumatori, i blocchi alle esportazioni da parte di Turchia e Marocco, le instabilità politiche e un clima sempre più imprevedibile, che nel complesso potrebbero portare a nuove sfide per il settore”. Impossibile, quindi, fare previsioni accurate per questo 2024. Secondo gli analisti, bisognerà attendere il secondo trimestre di quest’anno per avere prezzi stabilizzati. Ovvero quando la raccolta sarà ultimata.