C’è un’area del vecchio continente in cui la qualità della vita spesso risulta molto elevata, a danno sia dell’ambiente che della salute.
Con ogni evidenza Madre Natura non si aspettava che il territorio in questione si sarebbe sviluppato in modo così particolare. Infatti, l’ha circondato dalle montagne, con l’eccezione di un solo lato, esposto a un mare, dal quale tuttavia non arrivano venti sufficientemente forti a smuovere l’aria fino a ricambiarla in poche ore, come invece accade in altre regioni.
Al contrario, le micro polveri che circolano, anzi ristagnano nell’aria, si accumulano e non si spostano. Nemmeno piove abbastanza spesso: al contrario è la siccità a dominare il clima per numerosi giorni ogni anno. Di conseguenza, lo sviluppo economico adatto avrebbe dovuto evitare la concentrazione di industrie pesanti e un gran numero di attività che causano impatto ambientale.
È un dato di fatto storico che l’economia ha subito diverse rivoluzioni e che il modo di lavorare è profondamente cambiato. Rispetto all’Ottocento, l’agricoltura è irriconoscibile, per quel che riguarda gli effetti sull’ambiente. Oggi si usano macchinari di grandi dimensioni, mentre il terreno viene trattato con abbondante uso di ammoniaca. Sostanza che genera esalazioni tutt’altro che salubri.
Alla scoperta della zona più inquinata d’Italia: ecco dove si trova
Il risultato di decenni di monocultura di mais è stato una grande efficienza, con un evidente aumento di produttività. Gli allevamenti intensivi hanno ugualmente favorito lo sviluppo del comparto agro-alimentare. Nel dopoguerra l’agricoltura creava posti di lavoro, era considerata indispensabile per sfamare la popolazione. E ugualmente, le industrie pesanti sorgevano e prosperavano, dal petrol-chimico al metallurgico al siderurgico.
La pianura padana (come non riconoscerla!) per la verità doveva essere destinata, secondo un parere espresso dalla commissione parlamentare per le politiche industriali, a un modello di sviluppo svizzero, basato sull’artigianato di qualità, l’agricoltura e il turismo. Invece le automobili hanno inondato il territorio, con nuovo grande consumo di suolo e ulteriori strade e autostrade. Chi temeva gli effetti ambientali del boom economico è stato buon profeta.
Da allora il modello di sviluppo non è più cambiato, mentre il clima è addirittura peggiorato. Ecco quindi la pianura padana conquistare tristi primati d’inquinamento dell’aria. Le polveri sottili pm10 superano molto spesso i limiti raccomandati dall’Organizzazione mondiale della Sanità, che le leggi non hanno accettato. La soglia limite è infatti più che doppia. Negli ultimi anni Arpa Lombardia, agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, segnala che le polveri stanno diminuendo. Ed è vero.
Purtroppo però per la popolazione più fragile, come gli anziani, sempre più numerosi, la qualità dell’aria è un problema. Lo dimostra l’affollamento dei reparti di Pneumologia negli ospedali durante il periodo invernale. Oltre alle polveri pm 10 e pm 2,5, che diminuiscono, ci sono polveri più piccole, cioè le pm1 e le ultrafini, non sono nemmeno misurate, benché siano talmente piccole da entrare direttamente negli alveoli polmonari.
Per quanto le polveri negli ultimi anni si riducano, rimanendo comunque su livelli elevati, la Corte di Giustizia europea nel maggio del 2022 ha messo una sentenza che critica duramente il Piano regionale degli interventi per la qualità dell’aria. Il dato negativo è che le emissioni di biossido di azoto (NO2) restano da anni sopra la soglia consentita, violando così la legge. Le conseguenze sono l’irritazione agli occhi e alla gola, e a volte la bronchite, fino ad arrivare alle malattie letali. Il dato sulle morti premature è infatti amaro.