In un tempo, neanche troppo lontano, le vette di Alpi e Appennini apparivano decisamente più popolate di quanto non risultino ai nostri giorni. Il boom economico da un lato, calamità naturali dall’altro, hanno portato progressivamente a un abbandono dei tanti borghi e villaggi che punteggiavano le pendici dei monti. A raccontare le storie del passato sono oggi i loro resti. Con le loro case senza padrone, chiese le cui campane hanno smesso di suonare, i paesi fantasma d’Italia rappresentano destinazioni perfette per un trekking alternativo, da vivere come un viaggio nel tempo.
Per secoli le montagne italiane hanno rappresentato non solo un luogo in cui andare a cercare ristoro per il corpo e per l’anima, ma anche un ambiente in cui poter vivere e lavorare tutto l’anno. Nel Medioevo i borghi si ergevano in quota in particolare per scopi difensivi. Nei secoli successivi si è assistito a una proliferazione di villaggi, insediamenti rurali in cui vivevano famiglie di pastori e agricoltori. Terremoti e frane da un lato, richiamo economico da parte delle città in espansione dall’altro, hanno portato i paesi a spopolarsi, abbandonati in balia del destino, o meno poeticamente, degli agenti atmosferici.
Oggi è possibile scoprirne i resti, tra i sentieri che corrono tra le vette alpine e appenniniche. Di alcuni centri resta ben poco, altri sembrano fermi nel tempo. Raggiungerli e camminare tra quelle antiche vie un tempo pullulanti di vita, tra mura silenziose impregnate di ricordi, è un’esperienza senza paragoni. Ecco 5 paesi fantasma che dovete assolutamente vedere.
Narbona è una borgata fantasma ubicata a 1445 metri di quota in Val Grana, Piemonte. Ricade nel territorio di Castelmagno (CN) ed è stata abitata fino agli anni Sessanta del secolo scorso. Sulle origini del paese vi è incertezza, ciò che è ben nota è la causa del suo abbandono. Lo spopolamento della borgata iniziò dopo la Seconda Guerra Mondiale, ma la parola fine alla vita di Narbona fu scritta nell’aprile 1960, quando una ingente nevicata, di oltre 1 metro, lasciò il paese isolato per giorni e una valanga lambì pericolosamente le case. Le ultime 5 famiglie rimaste decisero pertanto di emigrare. Per decenni Narbona è apparsa ferma nel tempo, con le case ancora piene di beni, come se i suoi abitanti fossero partiti con l’idea di tornare. A fare pulizie ci hanno pensato i ladri. Per non perdere la memoria del paese è stato creato un museo visitabile a Campomolino. Per raggiungere il paese si può partire dalla piazzetta di parcheggio soprastante la frazione Colletto di Castelmagno per poi iniziare a salire a piedi lungo il sentiero di accesso, seguendo la segnaletica per Narbona, Crosette e Castelmagno.
Fornet è una piccola frazione di Valgrisenche, in Valle d’Aosta, che ha subito uno spopolamento tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso. Non a causa del boom economico ma di una diga, realizzata per produrre energia elettrica, con creazione del bacino artificiale di Beauregard. Gli abitanti di Fornet si trovarono costretti ad abbandonare il paese, che fu sommerso al pari di altre frazioni della zona. A causa di criticità, pochi anni dopo il riempimento dell’invaso si procedette a un abbassamento del livello dell’acqua, che consentì al paese di riemergere. Ancora oggi i resti di Fornet sono visibili sulla sponda del lago. Particolarmente suggestiva è la vista del campanile che svetta ancora alto tra i resti delle abitazioni.
Il paese fantasma forse più celebre d’Italia si trova in Basilicata ed è Craco (MT). Per comprendere di “chi” stiamo parlando, Craco è stato scelto per girare la scena dell’impiccagione di Giuda nel film “La passione di Cristo” di Mel Gibson. La storia del paese, ubicato a una quota di 391 metri, è molto antica. Le sue origini si fanno risalire all’VIII secolo a.C. (la struttura del borgo che oggi si può vedere, con la torre normanna centrale, attorniata da case signorili e dei contadini risale però al 1100 circa). La fine del paese è stata sancita nel 1963 da una ingente che costrinse la popolazione ad abbandonare le proprie case e traferirsi nel nuovo comune di Craco Peschiera. Per visitare il borgo è necessario affidarsi a guide. Il paese è circondato da meravigliosi calanchi ricchi di itinerari di trekking.
Nel Bellunese è possibile imbattersi in un paese abbandonato non una ma due volte. È Fumegai. Ubicato a 542 metri di quota in Val Carazzagno, si trova a breve distanza dalla frazione di Arsiè di Feltre, vicino al Lago del Corlo. In origine Fumegai fu forse un alpeggio, sorto in una zona decisamente isolata, lontana dalle tratte commerciali. I primi abitanti abbandonarono il paesino tra gli anni Venti e Trenta del Novecento. A seguire il paesino tornò a nuova vita con l’arrivo, negli anni Sessanta/Settanta, di un gruppo di “figli dei fiori”. Anche questi però, dopo un certo periodo, lo abbandonarono nuovamente al suo destino. Ancora oggi è possibile vedere, prestando attenzione, gli interni di alcune case, che sembrano ferme nel tempo. Nelle stanze vi sono ancora mobili e attrezzi. Per raggiungere il paese si può parcheggiare sulla sponda opposta del lago, nei pressi del vecchio campanile o del cimitero di Rocca (frazione quasi totalmente sommersa a seguito della creazione del lago artificiale di Arsiè), proseguendo lungo un sentiero in direzione del “Ponte della Vittoria”, che consente di attraversare il lago, per poi proseguire seguendo le indicazioni per Fumegai.
Savogno (SO) è un piccolo borgo medievale della Val Bregaglia, in Lombardia. Situato a una quota di 932 metri, è stato abbandonato a seguito del boom economico del secolo scorso (ha conservato un ultimo abitante fino al 1968). Tra i suoi vicoli acciottolati si respira ancora aria di Medioevo, vi sono infatti mura in pietra, loggiati in legno, stalle, anche il forno comune. Lo si può raggiungere attraverso una mulattiera di quasi 3000 gradini, che si imbocca dal paese di Piuro. A sua volta, questo secondo borgo della Val Bregaglia, vede la sua storia legata a un abbandono. È infatti noto come la Pompei delle Alpi. L’odierna Piuro sorge sui resti del paese antico, distrutto da una frana che il 4 settembre 1618 si staccò dal Monte Conto, cancellando il villaggio e oltre 1000 vite. Un piccolo gioiello che sta tornando alla luce grazie a scavi archeologici.
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