Vediamo tutte le attrazioni che regala la Val Maira, una terra selvaggia, ma anche tra le più belle e caratteristiche d’Italia
La Val Maira è un luogo unico, ricco di attrazioni imperdibili per tutti coloro che amano i paesaggi di montagna e la natura sconfinata e selvaggia. È una meta che deve essere scoperta lentamente, di cui bisogna assaporare tutte le sfaccettature e che non potrà mai deludere chi decide di avventurarsi tra i suoi sentieri e le sue montagne. Ma vediamo tutte le spettacolari attrazioni che non bisogna perdere assolutamente e che vi spingeranno a optare per un viaggio in questo luogo.
La Val Maira si distingue come una delle valli più selvagge d’Italia. Mentre molte località montane nel recente passato hanno subito una crescita eccessiva con nuove costruzioni e discutibili sviluppi, la Valle Maira ha mantenuto intatto il suo aspetto originale. Gli alberghi sono pochi, raramente superano i tre piani, e mancano impianti sciistici o autostrade comode. Chiappera, l’ultimo paese della valle, richiede quasi 50 minuti di guida attraverso tornanti scavati nella roccia, ma nonostante ciò, il turismo montano in questo luogo è un esempio virtuoso, con una domanda così alta da esaurire le disponibilità. Questo è dovuto alle sue incredibili attrazioni, tutte imperdibili e spettacolari. Vediamo quali sono.
La Rocca Provenzale si erge maestosa come un massiccio roccioso verticale tra i prati dietro Chiappera, l’ultimo villaggio abitato e uno dei più affascinanti dell’alta Valle Maira. Durante l’estate, diventa un luogo ideale per escursioni e arrampicate, trasformandosi in inverno nel paradiso della neve per Chiappera. Qui, si possono sperimentare una varietà di sport, tra cui una pista da bob per i più piccoli, sci di fondo, sci escursionistico, racchette da neve e scialpinismo. Il paesaggio grandioso, plasmato dai ghiacciai delle epoche glaciali passate, offre uno sfondo scenografico per qualsiasi attività si scelga di praticare. Il confine con la Francia è delineato da montagne che superano i 3000 m, tra cui Sautron, il Gruppo dello Chambeyron, la Maniglia, ma è il sorprendente sperone quarzitico del Gruppo Castello-Provenzale che affascina maggiormente gli scalatori.
La Borgata San Martino di Stroppo costituisce l’ultimo insediamento del comune lungo la strada per Elva, e il suo profilo sospeso nel cielo rappresenta un’icona della Valle Maira. La sua origine risale a secoli precedenti al XVII secolo. Esplorando le antiche vie, si possono scoprire i resti di un mulino a vento con torretta circolare, un arco in pietra al centro della borgata, il forno, i lavatoi e le fontane pubbliche. La chiesa, dedicata a San Martino, fu ricostruita nel 1699. In questa località, è stato anche rinvenuto un bracciale di bronzo risalente al IX-VIII a.C., ora esposto nel museo civico di Cuneo. Nei prati e nei terrazzi coltivati intorno all’abitato, si trovano numerosi luoghi tranquilli ideali per rilassarsi e riposarsi. Le molte mulattiere offrono l’opportunità di fare passeggiate, gite o escursioni in alta montagna.
Attraverso un percorso agevole, è possibile giungere al lago Nero, una gemma segreta tra le pieghe del contrafforte settentrionale di Rocca la Meja. Qui ci si trova in un ambiente appartato, con la possibilità di ammirare panorami incantevoli, e alla fine, l’imponente riflesso del Monviso nelle sue acque. Questo laghetto di montagna, incontaminato e affascinante, è di dimensioni limitate e circondato da sponde verdi, boschi di larici e pietraie.
Posta a un’altitudine di 1233 metri, su uno sperone roccioso a picco sulla Valle Maira, la chiesa di San Peyre di Stroppo si trova lungo il percorso verso Elva. Edificata tra il XII e il XIII secolo, la chiesa presenta una facciata a capanna semplice, un tetto in ardesia e un campaniletto a vela. Il campanile gotico svetta sopra di essa e l’antico cimitero. L’interno è suddiviso in tre navate, con la navata centrale che termina in due absidi originariamente concepite come piccole cappelle aperte. Nell’abside maggiore, dipinti risalenti alla seconda metà del XIV secolo, attribuiti a un pittore anonimo, raffigurano una grande figura di Cristo in trono affiancata dai Santi Pietro e Paolo, patroni della chiesa. Sulle pareti laterali sono presenti i dodici apostoli, mentre sui fondali blu del soffitto spiccano i simboli degli Evangelisti. Lo stesso artista è autore dell’Annunciazione e di san Cristoforo sopra la cappelletta del campanile. Un diverso artista ha realizzato nella cappelletta la Madonna in trono fra San Pietro e Sant’Antonio Abate, e nell’arco, San Bernardo da Mentone che incatena un diavolo insieme a Santa Barbara e Caterina d’Alessandria. Tuttavia, è l’abside minore a riservare le maggiori sorprese, con un terzo artista, forse lombardo, autore nei primi decenni del XV secolo della Natività, dell’Annuncio ai pastori, dell’Adorazione dei Magi e della Dormitio Virginis. Ispirate ai Vangeli apocrifi, queste opere raffigurano con delicatezza la nascita di Cristo, arricchita da dettagli inediti e intimi, come la rara figura di un pastore con la cornamusa, simbolo della musica popolare. Un quarto pittore, di modesta fama, ha contribuito nei primi anni del Cinquecento con il San Pietro e un riquadro contenente i santi Sebastiano, Rocco e Fabiano.
Ancora oggi a Dronero è possibile attraversare un autentico ponte medievale, il quale offre uno spettacolare punto panoramico su questa città intrisa di storia e cultura. Il Ponte del Diavolo di Dronero, eretto nel 1428, presenta spallette laterali coronate da merlature ghibelline, un capolavoro dell’ingegneria civile medievale firmato dal capomastro Magiser Antonius. Dotato di tre arcate con luci differenziate, il ponte non segue una traiettoria rettilinea ma si presenta leggermente incurvato. Il ponte levatoio, originariamente situato sul pilastro dell’arcata minore rivolta verso il centro di Dronero, è stato rimosso nel 1810 durante l’ampliamento del passaggio d’ingresso, mentre le merlature ghibelline a coda di rondine sono state restaurate. Il nome, come spesso accade per i ponti medievali, è associato a una leggenda legata al Diavolo. La leggenda narra che, di fronte alle difficoltà incontrate, gli abitanti di Dronero chiesero aiuto al Diavolo per costruire un ponte capace di resistere alla potenza del fiume Maira. Accettando l’accordo, il Diavolo chiese come compenso la prima anima ad attraversare il ponte. I cittadini lo ingannarono facendo attraversare il ponte a un cane, causando molta rabbia nel Diavolo, il quale decise di andarsene.
Questo territorio ha ospitato enormi dinosauri che, milioni di anni fa, hanno lasciato impronte visibili fino ai giorni nostri. Nel 2008, il geologo Enrico Collo e il Prof. Michele Piazza dell’Università di Genova hanno rinvenuto le impronte di un antenato dei dinosauri, ufficializzate nel 2009 dal Prof. Heinz Furrer del Museo di Paleontologia di Zurigo. Queste impronte risalgono a circa 250 milioni di anni fa, quando questa zona era una linea di costa marina, ora trasformata in un altipiano montano a 2200 metri di quota. Le impronte sono attribuite all’Isochirotherium gardettensis, un animale simile a un grande coccodrillo di almeno 4 metri. Dal 2016, l’Associazione Culturale “Escarton” ha sostenuto il progetto, fungendo da intermediario tra ricerca e istituzioni locali. Il progetto mira a svilupparsi ulteriormente, estendendo l’area di ricerca e creando un Geo-Paleo Park. Questo altipiano, dominato dalla vetta dolomitica di Rocca la Meja, una delle più belle montagne delle Alpi cuneesi, offre anche resti di insediamenti militari. Un percorso accessibile conduce alla sua panoramica vetta, rendendo la zona ideale per appassionati di trekking panoramici.
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